martedì 18 gennaio 2022

MATERNITA' E LIBERTA'. F. PERINA, Il tramonto della maternità come potere, LA REPUBBLICA, 17 gennaio 2022

 Non è la storia, ma come la racconti. E nessun racconto è cambiato nelle ultime due generazioni quanto quello della maternità. Oggi è handicap, ostacolo, limite assoluto alla libertà e alla realizzazione di se’. E’ l’odissea per l’asilo nido. E’ la promozione inafferrabile perché sei quella che alle cinque scappa. E’ tua madre che dice: senza te e i tuoi fratelli girerei in Porsche. A forza di raccontarla così, la percezione “politica” della gravidanza è diventata quella di una minorità sociale a lunghissima scadenza e il suo rifiuto, sempre più diffuso, è ovvio: perché una donna tra i venti e i quaranta, cioè all’apice delle sue energie e potenzialità, dovrebbe infilarsi la camicia di forza di un bambino?


Lo sciopero della fertilità

La seconda metà del Novecento ha tagliato di netto una trama che si ripeteva sempre uguale da qualche millennio, diciamo da Medea a Filumena Marturano: un atavico plot che qualificava la maternità come scettro del potere femminile. Potere sugli uomini, sulla società, sulle stesse leggi divine, tantoché quando Demetra fa lo sciopero della fertilità persino Zeus è costretto a piegarsi e a restituirle la figlia Persefone. L’educazione tradizionale delle bambine altro non era che un apprendistato per il miglior uso di questa bacchetta magica. Fatti sposare, dagli un figlio (non necessariamente in quest’ordine) e conquista la sicurezza per tutta la vita.

La trasmissione femminile dei saperi, la voce delle nonne e delle madri, insegnava a desiderare e praticare la maternità fin dall’età delle bambole, e non solo per appagamento personale o adempimento di una vocazione biologica. C’era scaltrezza e calcolo, come sempre avviene quando si parla di potere, soprattutto nelle classi più povere. L’arte di restare incinta era la via maestra per procurarsi un marito in mancanza di dote, per annettersi un buon partito recalcitrante, per superare il possibile veto di una famiglia ostile. Due, tre, quattro creature erano il guinzaglio e il pungolo per i maschi di casa, vita natural durante, nonché il trono da cui ciascuna poteva permettersi di urlare: sono la madre dei tuoi figli, merito tutto ciò che chiedo!

Il destino dei “fuori-casta”

La più grande disgrazia che poteva capitare a una donna era quella di risultare sterile e quindi impotente, esposta al ripudio e al destino della fuori-casta: persino per la Chiesa cattolica l’incapacità di generare costituisce da sempre un’eccezione al “finchè morte non vi separi”. Il contrario, l’eccesso di fertilità glorificato dall’inno degli scugnizzi a Sophia Loren in Ieri, Oggi E Domani - «Tiene ‘a panza, tiene ‘a panza, tiene ‘a panza» - costituiva una super-forza capace di imporsi su tutto. Anche lo Stato davanti alla donna “con la panza” deve fermarsi, non può riscuotere, arrestare, punire. “La panza” salva le poveracce ma anche le ricche, persino quando è una panza finta. Maggie-Liz Taylor, la bellissima Gatta Sul Tetto Che Scotta, si ripiglia l’eredità e il marito annunciando al momento giusto una gravidanza che non c’è.

Ma all’improvviso questo potere ha cominciato a diventare meno interessante per le ragazze. Il suo utilizzo è stato respinto e rinnegato. Si era partite all’assalto della fortezza maschile delle professioni e delle carriere, degli alti studi e dei salari, e l’antico ermellino risultava oggettivamente inutile, anzi una zavorra. Era vero, è rimasto vero. Oggi il tasso di occupazione delle madri è al 57 per cento, quello delle non-madri è al 72: qualcosa vorrà dire, posto che tra padri e non-padri il rapporto tra le percentuali è ribaltato (lavorano di più i padri che i non-padri, l’89 per cento contro l’83).

La perdita dello scettro

Ovvio che il racconto sia cambiato, anche se i suoi esiti spesso mettono tristezza perché le donne hanno rinunciato al loro vecchio potere senza riuscire ad arrogarsi fino in fondo quello che desideravano, e si trovano così, a metà del guado, mentre il loro scettro primigenio è impugnato dalla tecnologia – figli in provetta, Gpa, ovuli e gameti in libero mercato – e il nuovo sfugge anche ai più ostinati tentativi di conquista. La stessa celebrazione di quelle che sono arrivate in vetta – le presidentesse, le super-manager, le direttrici d’orchestra, le premiate al Nobel o agli Oscar – comincia a diventare deprimente, segnalando più il carattere ultra-selettivo del successo femminile che la sua praticabilità di massa: se una su mille ce la fa, le altre che devono fare? Spararsi?

Le vie della politica

La politica indica la strada dei servizi, dei nidi, dell’assistenza, per tenere insieme la maternità con le nuove aspirazioni delle ragazze, ed è sicuramente la via giusta come dimostrano le esperienze di tutta Europa. Ma nel rifiuto della riproduzione che circola tra le nuove generazioni c’è, da noi, qualcosa di più profondo e complesso dei problemi pratici della gestione della prole. E ho il sospetto che questo “qualcosa” sia, appunto, il tramonto della maternità come potere accompagnato dall’evidenza che il processo è ormai irreversibile. La gravidanza, singola o plurima, non esenta più dalla galera. Non garantisce più nozze, comunione dei beni, status, non salva dal turno di notte o dai domenicali non pagati. Persino l’assegno divorzile collegato ai figli è messo in discussione: per un soffio non è passata una legge (la Pillon) che lo aboliva in nome di un rimborso spese a piè di lista e della spartizione domiciliare della prole, 15 giorni a lei e 15 a lui.

Un pezzo del castello

Anche per questo è fallito ogni tentativo di riproporre la mistica del ritorno a casa. Il più famoso risale agli anni ’80, sull’onda di un famoso saggio di Christiane Collange («Ci sono donne che scelgono di non avere figli, e io solo a sentirlo dire mi sento male, mi sembra idiota, orribile, non si può, non si deve»): fece scandalo e dibattito, ma durò un battito di ciglia. Perso il vecchio potere delle madri, non resta che andare avanti nell’assedio del nuovo e forse, quando ci saremo prese almeno un pezzo del castello delle carriere, dei benefit e delle buste-paga, il racconto cambierà di nuovo: si tornerà a far figli, lo si farà per il proprio piacere e desiderio, considerandoli un plus delle nostre vite e non la zavorra delle nostre ambizioni.

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