domenica 28 luglio 2013

SENTIMENTI. CHIARA LALLI, L'amor di lontano funziona, LA LETTURA, 28 luglio 2013

«Penso che dovremmo escludere chiunque non viva da queste parti». Sam è vedovo da un anno e mezzo e il figlio Jonah telefona a una trasmissione radiofonica per esprimere il suo desiderio la notte della vigilia di Natale: che il padre possa trovare un altro amore. Forzato dalle circostanze, Sam racconta alla radio della moglie adorata. Nel giro di qualche giorno riceve centinaia di lettere indirizzate a sleepless in Seattle: sono donne che vogliono incontrarlo.




La vicinanza è una condizione che Sam ribadisce anche quando Jonah legge la lettera di Annie: è quella la donna giusta! «Ma sai dove vive Annie? A Baltimora, e noi a Seattle», cioè a 4.400 chilometri di distanza, più o meno quanto dista Lisbona da Mosca. Il caso è chiuso. L’amore però è indifferente ai chilometri e alla lontananza, e Annie e Sam (e Jonah) vivranno felici e contenti. In una commedia romantica (Insonnia d’amore, regia di Norah Ephron, 1993) il lieto fine è doveroso, ma anche nella realtà la distanza non sembra essere un ostacolo per gli amori.
Secondo un recente studio (L. Crystal Jiang e Jeffrey T. Hancock, Absence Makes the Communication Grow Fonder: Geographic Separation, Interpersonal Media, and Intimacy in Dating Relationships, «Journal of Communication», 63, 2013) l’assenza rafforza l’amore, soprattutto quando si hanno a disposizione così tanti mezzi per sentirsi: video chat, sms, mail e ovviamente l’antico telefono. La lontananza potrebbe rendere più profonde le relazioni, rispetto a quelle di coppie che condividono più tempo e lo stesso luogo.
Sono tre milioni i cittadini statunitensi a vivere un amore a distanza, perché il lavoro o lo studio li costringono a stare in città diverse. I ricercatori, Jiang della City University di Hong Kong e Hancock della Cornell University, hanno chiesto ai partecipanti di tenere un diario per una settimana: 63 coppie, 33 vivevano insieme e 30 a distanza. Il risultato potrebbe non sorprenderci: meno comunicazioni per questi ultimi, ma più significative.
Ogni mattina, i partecipanti hanno compilato una specie di «caro diario», raccontando la qualità e le modalità di interazione con il proprio partner. È importante sapere come ci si è sentiti — telefono, mail o Skype — e per quanto tempo. Quanto ci siamo svelati? Che livello di intimità abbiamo raggiunto e come ha reagito il nostro partner? Il risultato quantitativo di questa trascrizione amorosa è stato: 876 diari, più di 3 mila interazioni tra sms, telefonate, mail e videochat e con una media di 3,45 interazioni al giorno. La misurazione qualitativa della relazione amorosa si fonda su tre criteri: incertezza, soddisfazione e impegno. Le differenze sono tutte a favore della distanza e riguardano la profondità dello scambio amoroso.
L’idealizzazione sembra essere un fattore determinante: percepire il nostro partner come migliore di quello che effettivamente è potrebbe essere più semplice quando non lo incontriamo tutti i giorni in cucina o al risveglio. Anche la memoria selettiva ha vita più semplice: ci si ricorda dei momenti romantici più di quanto ci si ricordi dei conflitti o delle delusioni. Gli amori a distanza potrebbero piazzarsi a metà tra gli amori mai vissuti — e, per questo, perfetti, intatti e non rovinati dalla realtà — e quelli oppressi dalla nostra stessa mediocrità. Potrebbero incarnare il punto di equilibrio tra il fascino di un amore allucinato e la disillusione di un legame funestato dall’incompatibilità di carattere, dai litigi su che film vedere e dove mangiare, su quanto siamo disordinati e ritardatari.
La familiarità porta molte persone a litigare per una parola inaspettata, per un tacco troppo alto o per un vino mediocre. E non importa quanti anni abbiamo, perché a volte basta semplicemente una porta sbattuta per farci tornare direttamente alla furia adolescenziale, invocata per giustificare le più turpi reazioni.
Certo, esiste anche il rischio che alla prossima videochat la nostra rosea «illusione» crollimiseramente davanti a una parola sbagliata, un po’ come un improvviso innamoramento si polverizza davanti a un calzino bianco. Oppure può accadere che ci si perda sulle scale mobili di un aeroporto, come accade a Xavier e Martine, separati da un Erasmus nel film L’appartamento spagnolo (regia di Cédric Klapisch, 2002).
E certo, la distanza può esasperare un diverbio, ingigantirlo e lasciarlo sospeso — quando sarebbe facile farlo evaporare con l’offerta di un caffè o con un abbraccio. Ma non sottovalutiamo il potere di un «già mi manchi» inviato suWhatsApp dopo una minaccia di separazione.
Infine, sappiamo che la menzogna e l’autoinganno possono nascondersi facilmente tra le pagine di un diario autocompilato e lo studio ha alcuni limiti cognitivi e causali. La spiegazione della maggiore profondità degli amori a distanza è solo accennata — si è più concentrati avendo meno tempo e non si vuole sprecarlo? —, ma è solo il primo passo in un territorio poco esplorato.
Nel frattempo, se è vero che «l’amore dura quel che deve durare», come canta Ivano Fossati nella canzone L’orologio americano (dall’album Macramé, del 1996), non c’è da preoccuparsi più di tanto della distanza tra noi e il nostro amato. Almeno non di quella in chilometri.

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