lunedì 12 gennaio 2015

ETOLOGIA .GLI ANIMALI E IL SUICIDIO. E. DI PASQUA, Il suicidio del cucciolo di cigno Morto dopo la morte del familiare, CORRIERE DELLA SERA, 12 gennaio 2015

Un cigno suicidatosi: è la foto, inviata da una donna cinese a un giornale locale - che ora sta diventando virale - che testimonia come e il suicidio esista anche nel mondo animale. Che sia per amore, per malinconia, per salvaguardia della specie o per disagio mentale, nell’etologia la letteratura è ricca di esempi di animali che si lasciano morire, anche se non è dato sapere quanto si tratti di una scelta consapevole.




Il suicidio
Questo cucciolo di cigno, immortalato nel lago Sanmenxia, nella provincia centrale dell’Henan, sembra dalle foto volersi provocare la morte, immergendo più volte la testa nell’acqua fino a che l’immersione non gli è fatale. E il particolare ancora più inquietante è dato dal fatto che l’uccello aveva da poco assistito alla morte di un cigno adulto, presumibilmente la mamma o il papà. La testimone, divulgando i propri scatti, condisce le immagini di particolari che, se veri, fanno riflettere. Pare che il cigno, dopo il decesso dell’altro esemplare, abbia più volte cercato di sbattere il capo contro il ghiaccio, per poi arrivare a seppellirlo, emettendo suoni di dolore e lamenti. Così la donna ha descritto la scena: «Ho guardato oltre il lago e ho visto un cigno chiaramente giovane, accanto a un altro cigno morto. Ho pensato che questo ultimo fosse morto per il freddo o per la vecchiaia, ma in tutti i casi il giovane cigno sembrava molto afflitto. Ha iniziato a sbattere le ali con foga e poi si è calmato, o almeno così ho pensato. Ma poi ho capito che stava tenendo la testa sott’acqua e poco dopo è morto». 
Questioni di interpretazioni
A questo punto la cronaca rischia di diventare romanzo, le interpretazioni possono essere le più differenti e il rischio di proiettare negli animali sentimenti umani è forte. Ma nel mondo animale l’esistenza del suicidio, come risposta a una serie di condizioni di stress che conducono all’autodistruzione, è universalmente riconosciuta. Certo ci sono ancora molti dubbi sul grado di coscienza, anche perché nell’etologia la consapevolezza della morte (unitamente alla consapevolezza di sé stessi) è considerato uno dei più importanti indicatori del grado di evoluzione della specie, posto che la maggior parte degli animali non possiede il senso della morte (né si riconosce a uno specchio per esempio). 
Suicidi darwiniani
I primi casi da citare tra i suicidi animali sono quelli definiti darwiniani, ovvero quelli riconducibili alla conservazione della propria specie e dettati da un istinto: ne sono un esempio le termiti kamikaze, che fanno esplodere il proprio addome espellendo un liquido repellente che colpisce gli aggressori, impedendo l’aggressione del nido. E ne sono un esempio anche alcune farfalle attempate, che si lasciano cadere a terra sbattendo le ali fino allo sfinimento e alla morte per attirare l’attenzione dei predatori su di sé e spostarla dagli esemplari più giovani.

La malinconia uccide
Sono tantissimi infine i casi di animali, soprattutto cani, che si lasciano volutamente e palesemente morire dopo la morte del loro padrone. Già nel 1845 l’«Illustrated London News» raccontava la storia di un Terranova che aveva tentato l’annegamento più volte fino a riuscire nel suo intento, con un’ostinazione inquietante nel tenere la testa in acqua e le zampe immobili. E poi ci sono esempi di spiaggiamenti di massa tra le balene, di suicidi di mucche e di tori, di pecore e di alci e persino la storia di un cervo che, piuttosto che essere catturato, ha compiuto un suicidio eroico, preferendo la libertà dell’autodeterminazione.
Il ponte dei suicidi
Fa pensare invece a una serie di incidenti (per quanto misteriosi) la strana storia del ponte Overtoun a Dumbarton, divenuto tetro luogo di molti suicidi di cani che proprio da qui si sono gettati nel vuoto trovando la morte. Secondo l’ipotesi più accreditata si è trattato probabilmente di una serie di fatti incidentali e gli animali potrebbero essere stati spinti a buttarsi da particolari odori, senza disturbare Darwin o la depressione. Ma la verità è che il suicidio è già un mistero nella specie umana, nonostante gli studi effettuati sul fenomeno. Secondo Durkheim il suicidio nell’essere umano può essere egoistico, altruistico o anomico, a seconda delle modalità e delle motivazioni. E qualcosa che ricalca alla lontana la stessa classificazione può essere ritrovato anche negli animali. Ma loro non posso parlare e non lo sapremo mai.

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