sabato 3 febbraio 2018

NEUROSCIENZE. FIDUCIA E RICONOSCIMENTO. S. VALESINI, La fiducia in uno sconosciuto? Tutto dipende da un "déjà vu", LA REPUBBLICA, 31 gennaio 2018

Come decidere se fidarsi o meno di uno sconosciuto? Ci pensa il nostro cervello, utilizzando un meccanismo, inconscio e automatico, con cui valutiamo l'affidabilità di chi ci troviamo di fronte basandoci sul suo aspetto. O meglio sulla somiglianza dello sconosciuto con persone che si sono rivelate, o meno, affidabili in passato. Insomma: è il caso di dire che, almeno in questa circostanza, valutiamo il libro dalla copertina. Un atteggiamento ingiusto? Forse, ma piuttosto sensato in una prospettiva evolutiva. Almeno secondo i ricercatori dell'Università di New York, che hanno descritto questo fenomeno sulle pagine dei Proceedings of the National Academy of Sciences.



"Fondamentalmente valutiamo la rispettabilità di uno sconosciuto senza utilizzare alcuna informazione diretta o esplicita sul suo conto", spiega Elizabeth Phelps, psicologa dell'Università di New York che ha coordinato la nuova ricerca. "Ci basiamo semplicemente sulla sua somiglianza con altre persone incontrate in precedenza, persino se non ce ne accorgiamo. E questo dimostra che il nostro cervello utilizza un meccanismo di apprendimento in cui le informazioni di ambito morale provenienti da passate esperienze vengono utilizzate per guidare le scelte future".

Per scoprirlo, i ricercatori hanno svolto una serie di esperimenti basati su un cosiddetto trust game, ovvero una situazione sperimentale in cui un volontario doveva decidere a chi affidare una somma di denaro scegliendo tra tre potenziali partner. Il prescelto si trovava quindi a gestire la somma iniziale quadruplicata e doveva poi decidere se dividere il guadagno con chi lo aveva scelto, o se tenere per sé l'intera somma. Attraverso una serie di prove simili i volontari imparavano quindi di chi fidarsi e di chi diffidare, e a quel punto si passava a una seconda fase, con tre nuovi potenziali partner tra cui scegliere. All'insaputa dei partecipanti, però, questa seconda tornata di test veniva svolta confrontandosi con degli avatar virtuali ottenuti manipolando le caratteristiche del volto dei tre protagonisti della prima fase.

In questo modo, i ricercatori hanno cercato di capire se nella seconda batteria di test i partecipanti fossero influenzati dall'esperienza ottenuta durante le prove precedenti. Se, quindi, i nuovi avatar ottenuti modificando i tratti del viso di un partner che si era rivelato affidabile in precedenza fossero inconsciamente considerati a loro volta degni di fiducia. E se al contempo i partecipanti si trovassero a diffidare istintivamente da quelli ottenuti modificando le immagini dei partner inaffidabili.

Le cose ovviamente sono andate esattamente così. E per indagare il fenomeno più a fondo i ricercatori hanno deciso di svolgere un'ulteriore serie di esperimenti, monitorando l'attività cerebrale dei partecipanti mentre decidevano di quali sconosciuti fidarsi nei differenti trust game. In questo modo hanno scoperto che i circuiti cerebrali attivi quando impariamo a fidarci, o a diffidare, di una persona sono gli stessi che si attivano, in seguito, quando decidiamo se fidarci o meno di uno sconosciuto che le somigli. Aree cerebrali che comprendono regioni come l'amigdala (fondamentale per l'apprendimento emotivo) e che evidentemente codificano l'apprendimento di determinate caratteristiche "morali" come l'affidabilità. Pronte a riportarle alla mente, come una sorta di déjà vu, di fronte a uno sconosciuto che ci ricordi quelle esperienze.

Un simile sistema - fanno notare gli autori della ricerca - rappresenta probabilmente una strategia euristica, rudimentale ma efficace, che permette al cervello umano di attribuire un valore a un gran numero di stimoli sconosciuti
(come ad esempio una persona mai vista prima) anche con una fase di apprendimento minima. O per dirlo in parole più semplici, l'evoluzione probabilmente ci ha insegnato a imparare velocemente di chi fidarci e, nel dubbio, a dubitare di chiunque ci ricordi una brutta esperienza.

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