martedì 12 giugno 2018

NON IMITATE MODELLI PERICOLOSI. A. BORALEVI, Le belle delinquenti di Mugshawtys, LA STAMPA, 12 giugno 2018

Bonnie era Faye Dunaway. Clyde era Warren Beatty. Era il 1967 e il film (da una storia vera) lo girò Arthur Penn. 
Questo per dire che di criminali belli e affascinanti il cinema è pieno. Da Tarantino in su e in giù. 
La vita reale di meno. 




Finora. 
Un sito Instagram ha grande successo postando le foto segnaletiche di delinquenti bellissime. Si chiama «Mugshawtys». 
A vedere le foto, vengono in mente due cose. 
La prima è che siano finte. 
Quale stazione di Polizia, pur americana e quindi sempliciotta, potrebbe accettare foto segnaletiche in posa, con il viso ben truccato, l’atteggiamento ammiccante? Con vestitini glamour e magliettine carine, che paiono ,sinceramente, accostati dopo un lungo lavoro da fashion stylist? 
La seconda è più complicata. 
Vale sia nel caso che le foto siano finte. Che nel caso in cui siano vere. 
Perchè mitizzare una delinquente? 
Le ragazze (non ci sono donne over 30) sono tutte belle. Molto belle. Potrebbero essere state fotografate a un casting. 
Lo sguardo è altamente seduttivo. E seducente. 
Dice il sito che hanno guidato ubriache, o rubato nei negozi, ma alcune sono anche assassine. 
E qui pare di sentire il brivido di compiacimento che coglie o dovrebbe cogliere chi guarda. 
Il delitto affascina spesso chi non lo commette. Perchè parla alla zona oscura che tutti ci abita. 
Ma, secondo me, proporre una gallery di delinquenti in posa e in forma di «modelle» è pericoloso. E’ una pratica che si incanala nel torrente già gonfio nella nostra cultura di Primo Mondo benestante e annoiato. 
Tutto è uguale a Tutto.  
Il Bene vale il Male.  
Ma il Male è più glamour. 

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