lunedì 10 dicembre 2012

CRISI ECONOMICA E DISAGIO PSICO-SOCIALE. VERA MARTINELLA, Che cosa si può fare per non sentirsi sempre più «a disagio», IL CORRIERE DELLA SERA, 10 dicembre 2012


Tra le cause, il venir meno delle certezze sociali e i legami affettivi fragili. Ma anche solitudine e malattie



MILANO - Depressione, disturbi dell'umore, d'ansia e del comportamento alimentare: nel 2015 saranno le malattie psichiche più diffuse nella popolazione italiana e potrebbero riguardare addirittura un italiano ogni quattro. Questo almeno, stando alle stime rese note durante l'ultimo convegno della Federazione Nazionale delle Strutture Comunitarie Psico-Socio-Terapeutiche (Fenascop), ovvero le comunità che si occupano della cura del disagio psichico. Le categorie considerate più a rischio dagli esperti sono i giovani fino a 25 anni (l'80 per cento dei casi di disagio psichico infatti ha gli esordi entro questa età) e le donne, che hanno il doppio delle probabilità di ammalarsi di depressione rispetto agli uomini, mentre ragazze giovani e giovanissime, tra i 12 e i 20 anni, restano le più esposte al pericolo di manifestare disturbi alimentari.
I NUMERI - In tutto, queste stime prevedono che 3.300.000 italiani potrebbero soffrire di disturbi d'ansia, 2.100.000 si troverebbero a lottare con depressione e disturbi dell'umore e 1.200.000 connazionali sarebbero alle prese con disturbi del comportamento alimentare. «Un'emergenza silenziosa e trascurata, che avrà anche un costo sanitario e sociale enorme: per intenderci, superiore a quello delle malattie cardiovascolari e dei tumori - dice Giovanni Giusto, presidente nazionale di Fenascop -. E si tratta di numeri destinati a crescere, a cui va fin d'ora aggiunto un ulteriore 10 per cento della popolazione che soffre di disagi psichici lievi, fra cui i disturbi del sonno oppure lievi attacchi di panico, che potrebbero però essere sintomi iniziali di altre patologie». Le cause di questo sempre più diffuso disagio? Tante, dal crollo delle certezze a causa della crisi economica ai cambiamenti nella società: famiglie e coppie che si spezzano in primis, vicende che hanno spesso come conseguenza una crescente "solitudine", oltre al potenziale disagio dei figli. E poi i ritmi di vita frenetici, i cambi delle abitudini che favoriscono l'isolamento, lo stress. Infine, l'invecchiamento della popolazione, che incide soprattutto con un incremento delle persone colpite da demenza e Alzheimer, con tutte le problematiche connesse a queste malattie. Secondo molti esperti, poi, l'aumento dei casi di disagio psichico è in parte legato anche a una crescente attenzione e sensibilità delle persone verso la salute mentale e in particolare verso quei disturbi meno eclatanti che negli anni passati non venivano riconosciuti.
COSTI ELEVATI - Resta il fatto che un recente studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (mirato a valutare la diffusione delle varie malattie e i relativi costi socio-economici) ha evidenziato che i disturbi relativi alle malattie mentali rivestono un'importanza crescente in tutti i Paesi industrializzati sia per il numero dei soggetti colpiti, sia per l'elevato carico di disabilità e di costi economici e sociali che comportano per le persone colpite e per i loro familiari. Già oggi, circa 450 milioni di persone nel mondo - fa sapere l’Organizzazione Mondiale della Sanità - manifestano disturbi neurologici, mentali e comportamentali. E nel nostro Paese, secondo quanto riportato dal Ministero della salute, circa otto connazionali su cento soffrono di disturbi mentali: «Anche in Italia, - sottolinea il Ministero - come in altri Paesi industrializzali, i disturbi mentali costituiscono una delle maggiori fonti di carico assistenziale e di costi per il Servizio sanitario nazionale. Si presentano in tutte le classi d'età, sono associati a difficoltà nelle attività quotidiane, nel lavoro, nei rapporti interpersonali e familiari e alimentano spesso forme di indifferenza, di emarginazione e di esclusione sociale».
PSICOLOGI - Per Egidio Moja, ordinario di Psicologia clinica alla Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Milano e direttore del reparto di Psicologia clinica all'ospedale San Paolo, un grande aiuto si avrebbe aumentando la presenza degli psicologi in ospedale. «I numeri dell'Organizzazione Mondiale della Sanità comprendono anche le persone colpite da una malattia organica che spesso sviluppano ansia, depressione e altri disturbi, così come accade ai loro parenti coinvolti inevitabilmente da queste dolorose circostanze - spiega infatti Moja -. In quest'ottica esistono due grandi fronti su cui si può intervenire per prevenire un'ampia fetta di disagi: dare sostegno psicologico a pazienti e parenti che ricevono cure o diagnosi difficili, e fornire assistenza psicologica a chi è ricoverato per una malattia cronica». Gli esempi sono moltissimi e lampanti: «Basta girare per i reparti dell'ospedale - prosegue Moja - e pensare a chi si trova a dover fare i conti con una menomazione fisica, una diagnosi di tumore, una grave patologia pediatrica. O ancora basta immaginare le centinaia di situazioni altamente drammatiche che finiscono al Pronto soccorso ogni giorno: lo sguardo e l'aiuto di uno psicologo possono contribuire in maniera pratica ad assistere le persone. Invece, ancora oggi troppo spesso si cura il corpo e si trascura la mente».
GRUPPI DI SOSTEGNO - Nel suo reparto, all’ospedale San Paolo di Milano, Moja ha organizzato una serie di gruppi di sostegno, per una ventina circa di patologie diverse, a cui vengono inviati i malati ricoverati in altri reparti. Ci sono, per esempio, corsi psicoeducativi dedicati ai diabetici, oppure i corsi per chi viene sottoposto a CPAP, metodo di ventilazione meccanica respiratoria utilizzato principalmente nel trattamento delle apnee del sonno. In questi casi, infatti, si ha bisogno di aiuto per gestire meglio l'impatto emotivo della malattia, proprio come lo stesso tipo di aiuto serve ai pazienti in cura con terapia anticoagulante orale (di grande e crescente importanza per la cura e la prevenzione delle malattie tromboemboliche e della patologia vascolare in genere). «In gruppo, in una decina o anche meno di sedute - spiega Moja - i malati imparano molto sulla loro patologia, capiscono meglio la cura che devono seguire e fanno domande che difficilmente oserebbero fare in altri contesti. Con enormi vantaggi: non solo, così, il paziente è davvero al centro della cura ed è "competente", ma anche la sua qualità di vita è migliore, e lui stesso in conclusione è più sereno». «Insomma, curando fin dall’'inizio la sofferenza psicologica legata ad altre malattie - conclude Egidio Moja - possiamo prevenire disagi che rischiano altrimenti di restare inespressi a lungo, e che potrebbero perciò palesarsi solo anni dopo, in forme molto più gravi».

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