lunedì 23 giugno 2014

SOCIOLOGIA. A COSA SERVE? C. BORDONI, La sociologia è morta e rinata, LA LETTURA,

La vecchia sociologia, ultimamente ridotta a ruolo ancillare con le sue incerte previsioni politiche, si è dimostrata incapace di adeguarsi ai tempi. Scienza démodée, osservatrice passiva della realtà. Alain Touraine ha mandato in fibrillazione il mondo accademico con il suo dissacrante La fin de la société (2013); 




Zygmunt Bauman, a sua volta, liquida la sociologia tradizionale con un titolo altrettanto sorprendente, La scienza della libertà. A cosa serve la sociologia? (nella traduzione di Riccardo Mazzeo, Erickson, 2014), destinato a modificare profondamente l’approccio alle scienze sociali. La seconda rivoluzione di Bauman, pari, quanto a impatto nella coscienza collettiva, alla definizione di «società liquida» per indicare l’attuale condizione d’instabilità e incertezza, modifica l’idea tradizionale che abbiamo della sociologia, cioè di una scienza che consente di prevedere il comportamento degli individui e, di conseguenza, anche di indirizzarlo, rappresentando di fatto, com’è stato per molto tempo, uno strumento di controllo sociale.Inconsapevolmente, e senza una precisa finalità politica, questo era lo scopo di Auguste Comte, dalla cui filosofia positiva, influenzata dalla crescente importanza delle scienze nella società del suo tempo, nasce la sociologia come tentativo di studiare il comportamento umano con le stesse metodologie utilizzate per la medicina e la psicologia. Vero è che Émile Durkheim, padre fondatore assieme a Comte, si preoccupa di stabilire l’oggettività dei fatti sociali al momento di fissare le sue «regole del metodo sociologico».Ma è soprattutto Max Weber, cui si deve la fondazione della sociologia moderna, a preoccuparsi agli inizi del XX secolo — cioè in un periodo durante il quale si erano fatti particolarmente sentire i movimenti di massa — di escludere da questa nuova scienza, così fragile e acerba, ogni tentazione di esprimere giudizi di valore.Questo nobile proposito o affermazione di principio non ha impedito che altri si impadronissero dei metodi della sociologia, delle sue ricerche, dei suoi risultati così manifestamente oggettivi, per utilizzarli a proprio vantaggio, quale formidabile strumento politico, economico o culturale. Charles Wright Mills, di cui Il Saggiatore ristampa adesso il classico L’immaginazione sociologica (1959), rivela le potenzialità «visionarie» di una scienza atipica che riesce a immaginare il futuro prima di viverlo.Adesso Bauman, con un colpo di teatro, esclude ogni finalità di previsione dalla sociologia: non più una scienza per indirizzare o condizionare, ma per immaginare un futuro alternativo. Una scienza, dunque, che permetta di acquisire una conoscenza adeguata. Si invertono così i principi stessi della sociologia tradizionale, dove l’uomo e la collettività non sono più soggetti passivi, ma attori a cui il sapere sociologico permette di accedere liberamente a scelte consapevoli.Del resto Bauman ha sempre ripetuto, a chi gli chiedeva dove ci avrebbe portato la condizione attuale, che il sociologo non è un indovino, né tantomeno un guru o un trascinatore di folle. È un osservatore. La sua utilità sociale, finalmente rivelata senza proclami altisonanti, è proprio quella di mettere l’uomo in condizione di conoscere e quindi di scegliere. Come sarà il futuro dipenderà in primo luogo dalle persone che ogni giorno prenderanno decisioni sul modo di agire o reagire agli stimoli esterni. Più avranno la possibilità di «vedere» chiaramente il mondo che le circonda, più potranno capire e conoscere la complessità sociale, e maggiore sarà la possibilità di fare le scelte giuste.Il ruolo del sociologo, del pensatore sociale o del filosofo della società — come vogliamo chiamarlo — è proprio quello di farsi «rivelatore» della realtà, anche di quella parte di realtà che non è visibile in superficie o che è stata occultata artatamente. Per questi motivi la sociologia formulata da Bauman si avvicina al personale, alla vita vissuta, alle esperienze individuali che, nel loro insieme, nella totalità degli eventi che interessano milioni di persone, assumono una valenza sociale.

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