domenica 25 ottobre 2015

PSICOLOGIA SOCIOLOGIA ADOLESCENZA E GIOVANI. M BRAUCCI, Giovani condannati all’invisibilità e al controllo IL MANIFESTO, 24 ottobre 2015

I libri come Cre­scere Nono­stante» (a cura di di Ste­fano Laffi per Codici, Edi­zioni dell’Asino) sono poco letti per­ché l’Italia è un paese dove a farla da padrona è la divul­ga­zione di soli ele­menti cul­tu­rali ideo­lo­gi­ca­mente appro­vati e che infatti, una volta acqui­siti, non pro­du­cono, né gli viene chie­sto di pro­durre, alcun cam­bia­mento sulla vita reale. Cre­scere Nono­stante è invece un libro che sug­ge­ri­sce una varia­zione dello sguardo sul mondo gio­va­nile con­tem­po­ra­neo rimet­tendo in gioco il rap­porto tra adulti e ragazzi, tra padri e figli, ma anche tra edu­ca­tori ed educandi.


Ste­fano Laffi nella sua intro­du­zione chia­ri­sce tut­ta­via che il libro non è un manuale dell’operatore sociale «ma una rac­colta dei suoi pos­si­bili punti di vista attorno a un tema” quello su cui la coo­pe­ra­tiva mila­nese Codici lavora ormai da dieci anni – la ricerca e l’intervento sociale– e che ha pro­dotto quest’opera corale dei suoi com­po­nenti. Si tratta di 8 saggi che hanno la par­ti­co­la­rità di par­tire da espe­rienze bio­gra­fi­che dei loro autori, da cui il sot­to­ti­tolo di romanzo di for­ma­zione, per allar­garsi a rifles­sioni sul mondo gio­va­nile e sui rap­porti intergenerazionali.
Il libro è pen­sato non solo per essere una messa in discus­sione dei punti vista sulle gio­vani gene­ra­zioni ma anche una rimessa in gioco del rap­porto tra scrit­tura e azione, tra osser­va­tore ed osser­vato. Come Laffi afferma nell’introduzione, «la for­tuna del lavoro con bam­bini e ragazzi è que­sto sguardo cri­tico che si acqui­sta verso la realtà tutta e non solo intorno alla loro con­di­zione, è l’urgenza che si sente di un cam­bia­mento a bene­fi­cio non solo loro ma nostro, è la ric­chezza dei nuovi imma­gi­nari che si aprono. Inu­tile dire che i primi a cam­biare siamo stati noi».
Nel primo sag­gio «Scuola obbli­gata» Mas­simo Conte ribalta il punto di vista per cui gli ado­le­scenti pro­ble­ma­tici diven­tano pes­simi sco­lari a favore di quello per cui chi non rie­sce bene a scuola diventa pro­ble­ma­tico e afferma infine che, gra­zie agli effetti di dele­git­ti­ma­zione e repres­sione da parte degli ultimi governi verso la scuola, «non è più interna a nes­sun movi­mento, e non è più interna al reale dibat­tito pub­blico. Resta un campo iso­lato di cui si inte­res­sano solo gli addetti ai lavori e gli stu­denti, chiusi in una posi­zione di difesa di quello che resta della scuola pubblica».
In «Sce­gliere la pro­pria causa» Andrea Ram­pini riper­corre la pro­pria for­ma­zione poli­tica di base e la con­fronta con l’attuale boom dei metodi par­te­ci­pa­tivi pro­po­sti ai gio­vani « in troppi casi que­ste reto­ri­che sono uti­liz­zate in modo pre­te­stuoso, come stru­mento di pro­pa­ganda per cir­cuire elet­tori e con­su­ma­tori. La par­te­ci­pa­zione in que­sti casi suona come un imbroglio».
Valen­tina Bugli, nel sag­gio «Because I’m black», affonta le pro­ble­ma­ti­che di genere tra le gio­vani di ori­gine stra­niera per ribal­tare lo sguardo sull’esperienza migrante come « acqui­si­zione di super­po­teri che sono in effetti una somma di capa­cità ine­dite: bilin­gui­smo, tri­lin­gui­smo, dia­let­tica e rifles­si­vità, abi­lità nel bilan­ciare l’energia nei gruppi, capa­cità di media­zione tra generi e gene­ra­zioni, spi­rito di sacri­fi­cio, capa­cità di adattamento».
Oana Marcu in «La rein­ven­zione dell’adolescenza» rac­conta i gio­vani rom romeni dopo le dure azioni repres­sive degli ultimi anni in Ita­lia dove «sono rima­sti quelli più capaci di affron­tare l’estrema pre­ca­rietà della man­canza di un allog­gio e nelle atti­vità di strada». Daniele Bri­ga­doi Colo­gna in «Per una peda­go­gia dell’avventura» rac­conta di un viaggio-studio di gio­vani ita­liani in Cina che diventa anche «costru­zione della realtà come ade­gua­mento pro­gres­sivo alla dif­fe­renza culturale».
«L’enigma del lavoro» di Dome­nico Let­te­rio dovrebbe essere letto da tutti quelli inte­res­sati alla disoc­cu­pa­zione gio­va­nile, spe­cie al Sud, in quanto afferma che “E’ que­sto, in prima bat­tuta, ciò che cer­cano i ragazzi e le ragazze che sono alla ricerca di un lavoro. Sono alla ricerca di un senso, di fronte all’imperante insen­sa­tezza del mondo in cui si tro­vano a vivere».
Infine, in «Per­dersi nel futuro» Ste­fano Laffi riprende un tema del suo bel libro La con­giura verso i gio­vani e defi­ni­sce tale con­giura « la nega­zione di un accesso alla realtà, la depo­li­ti­ciz­za­zione della pre­senza di bam­bini, ragazzi e gio­vani: deu­pa­pe­rati del diritto di dire la pro­pria e di vedere rico­no­sciuto un potere di inci­denza sul mondo, hanno avuto in cam­bio un’esistenza con­for­te­vole, il lauto risar­ci­mento mate­riale dei con­sumi, una sorta di son­ni­fero alla pro­te­sta generazionale».

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