In una puntata del 2015 di Inside Amy Schumer, programma di sketch della comica americana andato in onda su Comedy Central per cinque stagioni, Schumer si imbatteva in un gruppo di attrici – Patricia Arquette, Tina Fey e Julia Louis-Dreyfus – intente a celebrare il last fuckable day (l’ultimo giorno da scopabile), di Louis-Dreyfus.
Le tre donne, tutte intorno ai cinquanta, spiegano alla poco più che trentenne Schumer che tutte le donne a Hollywood hanno un last fuckable day, una data di scadenza dopo la quale l’industria cinematografica ti registra come vecchia signora non più desiderabile e comincia a proporti i ruoli di conseguenza. È così che Sally Field è passata da essere la fidanzata di Tom Hanks in L’ultima battuta nell’88 a interpretare sua madre in Forrest Gump, solo sei anni più tardi.
Due anni dopo questo sketch, ai Golden Globe del 2017 presentati da Tina Fey e Amy Poehler, Fey diceva che Meryl Streep era stata bravissima in Osage County, e che questo dimostrava «che ci sono ancora grandi ruoli a Hollywood per le Meryl Streep sopra i 60».
Mi sono tornati in mente questi momenti di ottima cultura pop mentre guardavo alcuni dei peggiori prodotti di cultura pop degli ultimi tempi, ovvero The Idea of You (su Prime Video) e Family Affair (su Netflix), due film che condividono, oltre all’essere stati scritti da un bot ubriaco, il tema di una relazione tra donne adulte e uomini più giovani.
Nel primo, la mamma single divorziata Solène (Anne Hathaway, splendida quarantunenne), accompagna la figlia adolescente a un concerto di una famosa boy band, incontra per caso il cantante figo del gruppo (Nicholas Galitzine nei panni di una specie di Harry Styles) e i due finiscono per innamorarsi.
Nell’imbarazzo generale di queste due ore lentissime, segnalo una battuta che arriva verso la fine (perdonerete gli spoiler, ma non stiamo certo parlando di Quarto potere), quando Solène piange tra le braccia della figlia, la quale senza ironia alcuna le chiede: «Mamma, perché hai lasciato un ragazzo talentuoso e femminista?».
In Family Affair la storia è diversa, ma non proprio. Zara (Joey King) è l’assistente di Chris Cole (Zac Efron trentaseienne), star di Hollywood, bizzoso e insopportabile. Sua madre Brooke (Nicole Kidman cinquantasettenne) è una scrittrice vedova che ha perso l’ispirazione da quando è morto il marito, undici anni prima.
Con questa scusa non fa niente tutto il giorno, se non guardare i tramonti sul mare dalla sua casa da milioni di dollari. La sua unica amica è la suocera (Kathy Bates), e quindi non c’è da sorprendersi se quando il giovane attore palestrato passa da casa sua e le fa due moine quella perde la testa.
La figlia è giustamente contrariata, ma l’attrazione tra l’attore deficiente e la vedova inconsolabile è tanto irrefrenabile quanto incomprensibile (il bot alcolista che ha costruito i personaggi avrà avuto le sue ragioni, ma non è dato conoscerle). I due sono se non altro uniti dall’abuso del botox, al punto che ci si sorprende che i loro baci non facciano il rumore di due palloncini che sfregano fra di loro.
Ci sarà la tentazione di considerare il messaggio positivo di questi film che prendono donne mature – o comunque non più ragazze – e le rimettono al centro del desiderio, ma mi interessa di più l’ipocrisia del discorso.
Penso infatti che sia più facile mantenere una buona autostima quando si ha l’aspetto di Nicole Kidman: c’è una scena del film in cui lei si guarda allo specchio scontenta come una prof di matematica che ha smesso di tingersi i capelli molto tempo fa, solo che Kidman ha due cosce lunghe e toniche che noi persone normali non possediamo neanche nei sogni più sfrenati. E pure Anne Hathaway sfida le leggi della fisica, essendo più bella oggi di quando era giovane (non che a quarant’anni una sia da buttare, ma ci siamo capite).
C’ERA UNA VOLTA IL LAUREATO
Anche la scelta dei comprimari maschili mi disturba: sono due giovani uomini, certo, ma attraenti e di successo planetario, come se questo dovesse riequilibrare il potere nella coppia, non sia mai che una vecchia babbiona abbia una posizione troppo prevaricante nella relazione con un uomo.
È come se nel Laureato Dustin Hoffman fosse stato Mark Zuckerberg, invece che un tipello qualunque appena uscito dal college. Va anche detto che in questo caso i due attori protagonisti, Anne Bancroft e Dustin Hoffman, avevano solo sei anni di differenza mentre mettevano in scena la scandalosa relazione tra un neolaureato e l’amica dei suoi genitori. Questo va a dimostrare che quando i film sono scritti da umani capaci, e non da chat gpt al quarto gin tonic, diventa tutto più credibile.
Insomma The Idea of You e Family Affair non sono film per chi nel cinema cerca le sfumature, ma a quanto pare neanche per chi cerca l’intrattenimento: nel corso di queste quattro ore cumulative mi sono sorpresa ad ascoltare i silenzi, i grandi vuoti a forma di noia lasciati dai dialoghi inutili e generici.
Mi è venuta in mente quella puntata di Sex and the City in cui Carrie e Berger vanno a letto insieme per la prima volta e l’esperienza è talmente moscia che sentono il bus fermarsi fuori dalla finestra, la gente scendere, le voci affievolirsi nella notte. Ecco, così.
Intanto scopro che è previsto per l’inverno un thriller in cui Kidman torna in veste di cougar per sedurre il ventottenne Harris Dickinson, il che dimostra che ci sono ancora grandi ruoli a Hollywood per le Nicole Kidman sopra i 50.
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