sabato 8 ottobre 2011

CIUCCI, LA COMUNITA' POSSIBILE. SU DURKHEIM

1.    Solidarietà e morale

Secondo Tonnies la volontà è il fondamento della vita sociale, mentre in Durkheim ciò che è “sociale” sta alla base delle forme della volontà e della coscienza individuale. Inoltre, mentre Tonnies tratteggia la società secondo i canoni della teoria utilitaristica (basata sullo scambio), Durkheim si impegna in una definizione della solidarietà che nega validità alle dottrine contrattualistiche. La coesione sociale non è il risultato delle utilità e dei vantaggi reciproci nello scambio bensì deriva da un riferimento “esterno” comune agli individui coinvolti nelle transizioni economiche e societarie.
Non i rapporti contrattuali danno origine al contratto, ma quest’ultimo costituisce la condizione necessaria di ogni transazione.


Nell’opera “La divisione del lavoro sociale” Durkheim distingue la solidarietà meccanica come legame sociale “senza nessun intermediario”, dalla solidarietà organica, come stretta e necessaria dipendenza dell’individuo dalle “parti” di cui la società è composta e a cui sono assegnate differenti e specifiche “funzioni”. Nella solidarietà meccanica la coesione che ne deriva è un prodotto delle più essenziali uniformità sociali. Quando agisce questa solidarietà la nostra personalità scompare; infatti noi non siamo più noi stessi, ma l’essere collettivo. La solidarietà organica è prodotta della divisione del lavoro. Qui le volontà individuali sono differenziate; la coscienza collettiva lascia scoperta una parte della coscienza individuale. I vincoli sociali che risultano dalla uniformità si allentano progressivamente, sostituiti dai vincoli derivanti dalla divisione del lavoro, che svolgerà sempre più il ruolo assoluto un tempo dalla coscienza comune. Alla base di ogni fatto sociale e della coesione sociale non troviamo lo sviluppo della divisione del lavoro, ma la coscienza collettiva e l’autorità morale. Così l’integrazione, la coesione e l’ordine costituiscono dei problemi “morali”, dipendono cioè dall’adesione dei singoli membri alle norme sociali.

2.    La disciplina, il gruppo, l’intelligenza della morale

Gli elementi della morale che Durkheim individua sono la “disciplina”, “il gruppo” e l’autonomia delle volontà: essi rinviano alla comunità. La morale è dunque un sistema di regole d’azione che predetermina la condotta. Il concetto di disciplina congloba l’aspetto consuetudinario e la virtù imperativa della norma: esso esprime un’autorità regolare e deve considerarsi il primo elemento della morale. L’uso disciplinato della norma, in quanto capacità di autoregolamentazione, diviene fondamento della libertà.

Solo la società, “essere sui generis”, distinto dai suoi membri può svolgere la funzione morale che è preclusa all’individuo: la società è dunque un essere morale, gli uomini sono “essere morali” nella misura in cui sono “esseri sociali”. Come la disciplina è alla base dell’obbedienza dell’uomo agli imperativi morali della società, così “l’attaccamento al gruppo” rappresenta l’ideale collettivo da cui discende il dovere per eccellenza, e come quella è condizione di libertà, così questo è il necessario riferimento affinché l’uomo sia veramente se stesso. Secondo Durkheim l’esteriorità della società non dà luogo ad un insanabile conflitto con l’individuo, ma al contrario lo pone, attraverso la morale, in condizione di uscire da se stesso e di realizzare pienamente la sua umanità. La società mette in noi radici forti e profonde attraverso molteplici gruppi. La famiglia, la patria, l’umanità sono i più importanti e possono coesistere e sovrapporsi senza escludersi, in quanto rispondono a bisogni morali diversi. La dedizione all’altro, il dono, la carità tra individui rivelano come la presenza della società in ciascun individuo si manifesti spesso concretamente nel riversare il sentimento di attaccamento sui singoli membri del gruppo. L’azione morale non si fonda solo sul rispetto della disciplina e sul sentimento di attaccamento al gruppo, ma richiede la più chiara coscienza e la più completa possibile delle ragioni della nostra condotta. Dall’intelligenza della morale deriva che l’osservanza della norma e la solidarietà comunitaria divengono accettazione consapevole, libera scelta. È dunque legittimo affermare, che la morale è razionale. Il gruppo, nel cui seno si costituisce un “sistema di regole”, che diviene obbligatorio per la condotta sulla base dell’autorità, è in grado di opporsi all’anomia. La vita del gruppo “attraente” e “coercitiva” dà luogo ad una comunità di idee, sentimenti e di interessi particolarmente stretta. Questi caratteri, un tempo presenti esclusivamente nella famiglia, dovranno trovare posto in nuovi gruppi secondari per rispondere ai problemi posti dalla differenziazione, che ha sensibilmente ridotto l’efficacia del gruppo primario familiare. La vita di gruppo, che è vita comunitaria, va scomparendo, ma dovrà essere sostituita da equivalenti organizzazioni sociali. Una fitta rete di gruppi secondari intermedi fra individuo e stato, vicini agli individui e dunque in grado di attirarli entro forme collettive di vita. L’attuale pluralità e diversità di gruppi secondari, la moltiplicazione delle identità collettive parziali contribuiscono a modificare profondamente l’esercizio del controllo sociale, rispetto al modello elaborato da Durkheim. Secondo l’autore, tuttavia la società resta fondamentalmente “l’unità dell’essere reale”.  Il rischio più grave delle società differenziate è la caduta dell’energia morale: essa deve essere destata, sviluppata e coltivata nei gruppi che rappresentano il rimedio efficace all’anomia. Non ci sono, secondo Durkheim, conflitti insanabili nella vita sociale. Anche l’antagonismo tra individuo e società è superato dalla trascendenza della società sull’essere individuale: essa vive e agisce in noi. L’autore conferma che l’uomo si realizza allorché ha come riferimento del suo agire gli imperativi della società, a lui esteriori e superiori. Lo sviluppo e l’affermazione della scienza favoriranno un’adesione consapevole alla morale, superando così atteggiamenti di passiva rassegnazione. Si può così affermare che la scienza e la razionalità divengono intelligenza della morale e della socialità.

3.    Cose sociali e costrutti concettuali

Durkheim non accetta che Comunità e Società siano due tipi di esistenza della stessa “entità” che è la società. Per Durkheim Comunità e Società sono “cose sociali”, fatti e oggetti da studiare induttivamente, attraverso il diritto, le usanze, le consuetudini. Secondo Tonnies sono invece “concetti puri” che si riferiscono ad ingredienti sempre presenti in ogni società, sebbene la sociologia apllicata riveli la tendenza “storica” all’incremento dei tratti della Società. I “costrutti concettuali” di Tonnies muovono dalle volontà contraddittorie del pensiero umano. Le relazioni umane, afferma Tonnies, non sono definibili come organismi o meccanismi, bensì traducono modalità contrapposte della volontà umana. Unioni e associazioni sono il riflesso di idee e volontà comuni, che possono essere sussunte in due tipi contraddittori: tali strutture sono rappresentazioni di relazioni che possiedono un fondamento psicologico, esistono perciò solo in teoria. Unioni e associazioni sono pensate come tali, ma non esistono come “cose”, oggetti, o entità autonome. Secondo Tonnies famiglia, comunità, chiesa, società, stato esistono comunque come oggetti del pensiero.


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