lunedì 6 ottobre 2014

AMORE ROMANTICO E AMORE LIBERTINO. E. SCALFARI, L'amore romantico e quello libertino, LA REPUBBLICA, 3 ottobre 2010

FINALMENTE un felice giorno di tregua politica. Il governo ha incassato un voto di fiducia sui cinque titoli del suo programma; i finiani sono determinanti alla Camera; Berlusconi continua a lanciare insulti alla magistratura, a collezionare barzellette sconce da ogni punto di vista e a magnificare il suo ruolo di demiurgo della politica mondiale; l'opposizione è unita e aggressiva.


Insomma, soddisfazione per tutti e avanti finché durerà. Durerà poco, penso io, ma forse mi sbaglio. Il solo legittimamente preoccupato è Belpietro, direttore di Libero, che ancora non conosce la verità sulla causa delle sue preoccupazioni. Gli invio la mia convinta e doverosa solidarietà.

Posso dunque dedicarmi oggi al tema dell'amore, come avevo promesso ai nostri lettori. Non è un tema peregrino. In una società agitata da guerre, terrorismo, crisi economica, egoismi feroci, l'amore sembra un sentimento quasi scomparso. Le donne, che dell'amore rappresentano l'elemento cardine, sono vilipese e usate come è sempre accaduto; la loro emancipazione che sembrava ormai conquistata anche se ancora parziale e imperfetta, sta regredendo e molte di loro non si oppongono più, anzi sembrano felici di collaborare a questo "richiamo all'ordine" che va tutto a loro detrimento. Perciò riflettere sull'amore è un tema di stretta attualità. Umberto Veronesi, in un bel libro uscito in questi giorni, è del mio stesso avviso ed arriva addirittura ad augurarsi una qualche forma di matriarcato.

Sostiene
che la famiglia a direzione maschile diseduca le donne. Proprio perché sono l'elemento debole di fronte alla cultura maschile tuttora dominante, l'educazione che ricevono le sospinge a far propri i valori di competizione che sono tipici del maschio. Quelle che riescono ad emanciparsi e a raggiungere posizioni di spicco hanno introitato l'immagine della virago e fanno concorrenza agli uomini sul loro stesso terreno.

Bisognerebbe dunque  -  scrive Veronesi  -  che la loro educazione avvenisse in famiglie culturalmente orientate da valori femminili: l'amore  -  appunto  -  la pace, la solidarietà, la comprensione. Non ha torto, Veronesi, anche se l'attuale temperie in tutto il mondo sta procedendo nella direzione opposta.

L'amore però è una parola che esprime una quantità di sentimenti. Ha una sua mitologia, un suo approccio religioso, una sua poetica ed anche una sua storia. Di tempo in tempo e di luogo in luogo, quella parola ha avuto significati diversi e spesso opposti l'uno all'altro.

Questo è dunque il tema sul quale mi sembra opportuno fare chiarezza per poter meglio colmare un'evidente lacuna che affligge le nostre società, quelle ricche e quelle povere, ad Occidente e a Oriente del mondo.

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Le civiltà antiche  -  e qui mi limito a parlare di quelle mediterranee che più da vicino ci riguardano  -  non conoscevano il "privato". Gli uomini si realizzavano nella "polis" della quale la famiglia e la tribù costituivano le cellule. L'amore faceva parte dei valori familiari, incoraggiati e protetti dagli dei del luogo. Si amavano i genitori, si amavano i fratelli e le sorelle, si amava la sposa, fonte di procreatività. Le tavole mosaiche contengono la normativa più antica dell'amore familiare: "Onora il padre e la madre. Non commettere atti impuri. Non desiderare la donna d'altri". Il destinatario di queste norme è il maschio, la donna resta in una zona d'ombra ma è anch'essa colpevole dell'eventuale trasgressione.

Naturalmente i sentimenti amorosi finivano, allora come oggi e come sempre, anche al di fuori del recettacolo familiare, ma era un fatto privato e quindi del tutto irrilevante. Se però diventavano una sfida contro la famiglia l'irrilevanza diventava colpevolezza e veniva repressa con la massima severità.

Non è un caso che la guerra delle guerre, quella di Troia, scoppia a causa del tradimento di Elena e della sua fuga con Paride. È un pretesto, si sa. Simboleggiò lo scontro tra la civiltà achea e quella medio-orientale. Ma il pretesto dello scontro è la violazione dell'amore familiare e il ritorno di Elena a casa con il marito Menelao sancisce che l'ordine violato è stato ripristinato.

Nello stesso ambito leggendario il teatro greco racconta la vendetta di Elettra e di Oreste contro l'uccisore del loro padre e contro la loro madre che ne era stata l'amante durante la sua assenza da Argo.

C'è, al fondo di questa tragedia, l'ombra d'un sentimento incestuoso che si coglie nell'amore quasi morboso tra il fratello e la sorella vendicatori. L'incesto del resto rappresenta un elemento spesso presente nell'amore familiare; Edipo e il suo destino ne costituiscono il fondamento, non a caso recuperato da Freud come uno degli elementi fondanti della psicologia del profondo.

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Il carattere "pubblico" e familiare dell'amore dura molto a lungo e scavalca i secoli. Neppure il Cristianesimo riesce ad intaccarlo.

La predicazione di Gesù tramandataci dai Vangeli è intrisa di amore e questa è la grande innovazione rispetto al monoteismo ebraico che descrive il dio biblico come il condottiero del suo popolo, ancorato alla severità della Legge.

Il dio dei Vangeli è giusto ma soprattutto misericordioso e non si identifica con un popolo. Si rivolge a tutte le persone, ne riscatta la dignità, esalta i deboli e i poveri che saranno i primi a varcare la soglia della beatitudine. Parifica tutte le persone quando entreranno nel regno dei cieli, le donne come gli uomini, gli schiavi come i loro padroni. Ma sulla terra le istituzioni restano quelle che sono. I cristiani sono animati dalla fede e dalla speranza; il male e l'odio vanno ripagati dall'amore. E l'amore è la "caritas", indirizzata verso tutti, verso il prossimo, verso i nemici.

L'amore tra uomo e donna dà luogo alla famiglia, viene santificato nel sacramento del matrimonio, indissolubile con i vincoli della fedeltà e l'obiettivo della procreazione.

Si tratta dunque d'un amore che sale dai coniugi verso Dio e si santifica attraverso i figli e la loro educazione cristiana. La "pubblicità" dell'amore rimane dunque intatta, con una differenza essenziale rispetto al politeismo pagano: la "caritas" diventa il fondamento della religione. Paolo e Agostino arrivano a farne un valore addirittura più importante della stessa fede.

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La cultura medievale inventa un altro tipo di amore: l'amore cortese, cantato dai trovatori nei castelli e portato in giro per l'Europa della lingua occitana e dell'italiano volgare.

Lo "stil novo" vagheggia amori immaginari e figure di amati e di amanti stereotipi. Di qui sorge la malinconia che occhieggia nei versi del Guinizelli e diventa sostanza poetica nel Cavalcanti, nel Dante della "Vita Nova" e nel Petrarca.

Ma accanto all'amore cortese si affaccia quello licenzioso del Boccaccio e più tardi di Machiavelli della "Mandragola" e dell'Aretino. Sono i primi segnali del "privato" ma ci vorranno ancora due secoli perché il "privato" si affermi nelle società dell'Europa moderna.

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Il "privato" nasce con l'Illuminismo con l'abolizione degli assoluti e dell'assoluto come concetto. Trasforma l'economia e la politica. Poteva il sentimento amoroso sottrarsi all'irruenza di questa rivoluzione?

Nasce infatti l'amore libertino, l'amore individuale, il "privato" dell'amore e nasce nei salotti gestiti da donne emancipate da una prima sembianza di femminismo. Diderot teorizza l'amore per l'amore che prevede la libertà di amori molteplici in nome, appunto, di amare l'amore.

Dura un secolo questa forma amorosa. Se si vuol chiedere alla letteratura, alla poesia e alla musica la chiave di un nuovo mutamento, la si trova nel Werther di Goethe, nelle "Affinità elettive", nella poesia di Leopardi e in quella di Baudelaire. L'amore romantico, la poesia e la musica romantiche.

L'Ottocento è intriso di amore romantico, dove si uniscono i sentimenti e i sensi ed è questo l'amore "privato" che diventa costume pubblico e che tuttora rappresenta uno dei cardini della società moderna. 

Quell'amore tuttavia contiene le spore d'un mutamento ulteriore che emerge nella seconda metà del secolo scorso ed è ora nel pieno del suo svolgimento. Deriva proprio dal "privato", dalla sopravvenuta libertà sessuale, dall'accentuarsi dell'elemento sessuale e dalla liberazione della donna e del suo accesso al lavoro fuori casa. 

L'amore romantico non è scomparso ma è divenuto mobile. Sempre più raramente dura per tutta la vita. Si realizza nella fase iniziale dell'innamoramento, si trasforma dopo qualche tempo in affetto e poi in amicizia. Infine la coppia si scompone e si ricompone con altri soggetti e altri innamoramenti. Sono segmenti di amore romantico al posto della linea retta dell'amore ottocentesco.

È a questo punto che l'amore verso l'amore riacquista peso e può  -  potrebbe  -  intrecciarsi alla solidarietà laica e alla "caritas" cristiana verso il prossimo, con uno spessore sociale in grado di soverchiare l'egoismo esasperato e l'amore egolatrico verso il proprio ombelico.

Questa è la scommessa affidata al futuro: un mondo dove l'essere assume una curvatura erotica capace di avere la meglio sull'istinto del potere.

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