mercoledì 8 ottobre 2014

MASS MEDIA CINEMA TELEVISIONE COMUNICAZIONI DI MASSA. CINEMA AMERICANO E FASCISMO. MUSCIO G., Hollywood e la storia a misura di duce, IL MANIFESTO, 7 ottobre 2014

Tra gli eventi più attesi delle Gior­nate del Cinema Muto c’è la pro­ie­zione odierna di The Eter­nal City (George Fitz­mau­rice, 1923) un film filo-fascista girato da Samuel Goldwyn a Roma nei giorni della Mar­cia, in cui appare Mus­so­lini in per­sona. Dato per per­duto, il film era rima­sto un aned­doto poli­ti­ca­mente imba­raz­zante per Hol­ly­wood, nasco­sto nella sto­ria del cinema muto, ma la pos­si­bi­lità che ha avuto chi scrive di vederne un lungo fram­mento – l’unico esi­stente al mondo– al MOMA, ha rive­lato che Mus­so­lini ha avuto un ruolo più rile­vante di quanto non si potesse pen­sare, sia nella fic­tion, sia, pro­ba­bil­mente, nella pro­du­zione. Infatti, non solo il Duce ha per­messo di girare il film in monu­menti sto­rici della città pochis­simo tempo dopo aver rice­vuto l’incarico di gover­nare il paese, nel 1922, ma alcune dida­sca­lie sem­brano essere state se non scritte, almeno ispi­rate da lui, gior­na­li­sta con­su­mato e dram­ma­turgo più o meno competente.


Di qui l’idea di pro­iet­tare alle Gior­nate que­sto fram­mentopre­zioso per la sua uni­cità e inte­res­sante per quello che mostra (come le imma­gini di Mus­so­lini e il re che pas­sano in ras­se­gna le truppe «come se fosse stato Goldwyn stesso a per­sua­derli a fare que­ste guest appea­ran­ces») e la cui digi­ta­liz­za­zione è stata finan­ziata dal Rotary di Por­de­none. Eter­nal City era un romanzo socia­li­sta di Hall Caine, tra­sfor­mato in un pro­getto filo­fa­sci­sta attra­verso le com­plesse mano­vre di Will H. Hays, che era stato appena chia­mato a pre­sie­dere la MPPDA, l’associazione di cate­go­ria dell’industria cine­ma­to­gra­fica, e l’ambasciatore ita­liano a Washington.
«Ho chia­mato il prin­cipe Cae­tani, l’ambasciatore ita­liano negli Stati uniti – scrive Hays — e gli ho detto che vogliamo fare que­sto film in modo cor­retto. Gli ho chie­sto se era inte­res­sato. È venuto a New York il giorno dopo e abbiamo tra­scorso il pome­rig­gio insieme. Mi è venuto a tro­vare tre volte. Ha nomi­nato un rap­pre­sen­tante, e per tre set­ti­mane que­sti ha lavo­rato con il pro­dut­tore, la sce­neg­gia­trice e il regi­sta, sul copione del film The Eter­nal City. La casa di pro­du­zione è andata in Ita­lia, per rea­liz­zare il film.»
Che l’ambasciatore ita­liano, invece di occu­parsi delle quote restrit­tive che gli Stati uniti ave­vano impo­sto all’emigrazione ita­liana nel 1920 e sta­vano per con­fer­mare di lì a poco, si desse da fare per per­met­tere agli ame­ri­cani di girare un film a Roma, sor­prende fino a un certo punto, dato il disin­te­resse che le isti­tu­zioni ita­liane hanno sem­pre man­te­nuto verso gli emi­grati. Vale la pena invece di ricor­dare che non solo gli ame­ri­cani gira­rono in Ita­lia una doz­zina di film muti, ma che il primo fu pro­prio la ver­sione socia­li­sta di Eter­nal City, girata a Roma nel 1914 (alla vigi­lia della guerra) con la regia di Edwin Por­ter, sì, quello di The Great Train Rob­bery.
The Eter­nal City rac­conta di David Rossi, un orfano che si inna­mora della pic­cola Roma. Da adulto David (Bert Lytell) si arruola e va in guerra, men­tre Roma (Bar­bara LaMarr) diventa una famosa scul­trice, «man­te­nuta» dal barone Bonelli (Lio­nel Bar­ry­more), il lea­der segreto del Par­tito Comu­ni­sta – un dop­pio­gio­chi­sta che mira a diven­tare dit­ta­tore e sobilla i lavo­ra­tori sol­tanto per creare disor­dine. Dopo la guerra David, reduce deluso, si uni­sce ai fasci­sti e diventa il luo­go­te­nente di Mus­so­lini. Quando incon­tra Roma, la sver­go­gna pub­bli­ca­mente in quanto amante di Bonelli; poi guida le cami­cie nere con­tro i bol­sce­vi­chi e uccide il barone. Roma si assume però la colpa dell’omicidio di Bonelli, con­vin­cendo in que­sto modo David di non aver mai tra­dito il suo amore. L’uomo con­fessa l’assassinio e viene incar­ce­rato, ma Mus­so­lini, diven­tato Primo Mini­stro, firma la sua libe­ra­zione e la cop­pia si riunisce.
I due rulli soprav­vis­suti mostrano la parte finale della vicenda, con scio­peri e scon­tri, spie­gati da dida­sca­lie come «I fasci­sti (in ita­liano nel car­tello) al Colos­seo» men­tre «La mar­ma­glia Rossa scia­mava nelle anti­che terme romane». Il numero delle com­parse è dav­vero impres­sio­nante e le masse si tro­vano dav­vero al Colos­seo e in altri monu­menti. La vit­to­ria dello squa­dri­smo viene rac­con­tata con imma­gini di cari­che dei lan­cieri a cavallo sui «blo­sce­vi­chi» e una dida­sca­lia che dice: «E poi venne il grande trionfo finale per i Fasci­sti quando Mus­so­lini guidò un eser­cito, ancora più pit­to­re­sco che i famosi Mille di Gari­baldi, attra­verso le porte della sto­rica città di Roma.» E ancora, dopo la Mar­cia: «Fu una for­tuna per l’Italia il fatto di avere un re dav­vero grande (great) e sen­si­bile che rice­vette il nuovo libe­ra­tore e gli offrì il ruolo di Pre­mier.» Può la sce­neg­gia­trice uffi­ciale del film, Ouida Ber­gere, che aveva appena con­fe­zio­nato uno script pieno di fes­se­rie e impre­ci­sioni per The Man From Home, la pre­ce­dente pel­li­cola girata col marito, George Fitz­mau­rice, in Ita­lia, può pro­prio lei avere avuto suf­fi­ciente cul­tura sto­rica da trac­ciare un paral­le­li­smo tra i Mille e le cami­cie nere, o pren­dere par­tito così espli­ci­ta­mente sull’incarico al Duce?
Nel finale si vedono Mus­so­lini e il re che arri­vano all’Altare della Patria, in imma­gini cine­gior­na­li­sti­che. Subito dopo appare un primo piano di Mus­so­lini che firma un docu­mento (la dida­sca­lia dice: «Uno dei primi atti del nuovo governo è la libe­ra­zione del patriota, David Rossi») e il Duce guarda in mac­china. Nella suc­ces­siva inqua­dra­tura Roma attende in una terrazza-giardino che si affac­cia sul «Ferro da stiro» dove si stanno svol­gendo le cele­bra­zioni dell’incarico di governo a Mus­so­lini. È vestita con una tunica bianca che richiama un dipinto sim­bo­li­sta di Alma-Tadema, e abbrac­cia David, il quale tende il brac­cio verso la piazza al di sotto, come in un saluto fasci­sta. Prima della dis­sol­venza finale, David e Roma si scam­biano un bacio, sullo sfondo di un bel tra­monto romano. Così Mus­so­lini, come un deus ex machina, intro­duce l’happy ending di que­sta pro­du­zione ame­ri­cana di pre­sti­gio, girata in Ita­lia –un finale che rivela una pre­coce fasci­na­zione ame­ri­cana verso que­sto «uomo di azione e di ordine.»
A pro­po­sito di que­sta inqua­dra­tura, che si poteva pen­sare fosse tratta da un cine­gior­nale non per­ve­nu­toci, il came­ra­man Arthur Mil­ler ha rac­con­tato nelle sue memo­rie: «Mus­so­lini era così favo­re­vol­mente impres­sio­nato dal pro­getto che il suo uffi­cio era sem­pre aperto per noi. Ci offri­rono delle cami­cie nere per age­vo­lare il con­trollo delle masse. Face­vano tutto quello che chie­de­vamo loro. Una dome­nica abbiamo girato in cin­que loca­tions dif­fe­renti a Roma, spo­stando due­mila com­parse a piedi da un posto all’altro della città per finire al Colos­seo.» Mil­ler aggiunge che girò le imma­gine di Mus­so­lini nel suo stu­dio, con piena coo­pe­ra­zione del Duce: «Accettò e sedette die­tro la sua scri­va­nia senza fare domande. Mus­so­lini par­lava l’inglese molto len­ta­mente e con una voce soft
Anche Will Hays ha ricor­dato in seguito, per nulla imba­raz­zato, il soste­gno dato a que­sto pro­getto, com­men­tando: «…abbiamo rea­liz­zato un film che è pia­ciuto agli ita­liani e a Mus­so­lini stesso, rac­con­tando la sto­ria come l’avrebbe rac­con­tata l’Italia, in modo che tutte le nazioni la pos­sano capire.» (Pesante come dichia­ra­zione di impe­ria­li­smo cul­tu­rale.) L’affermazione è solo in parte cor­retta per­ché «gli Ita­liani» non hanno mai visto The Eter­nal City, che non è mai stato distri­buito; è uno dei misteri sto­rio­gra­fici die­tro a que­sto film, ma comun­que non un’eccezione: gran parte dei film muti girati dagli ame­ri­cani in Ita­lia non cir­co­la­rono nel paese.
The Eter­nal City ha per­messo quindi al regime di sfrut­tare que­sta pro­du­zione cine­ma­to­gra­fica ame­ri­cana per spet­ta­co­la­riz­zare il fasci­smo, pro­po­nen­dolo sugli schermi dell’intero pia­neta, dai quali il cinema ita­liano stava invece rapi­da­mente scom­pa­rendo. Rimane da capire per­ché Goldwyn e Hays affron­ta­rono tutti que­sti pro­blemi e per­ché intrat­ten­nero com­plesse trat­ta­tive per girare il film a Roma pro­prio in un momento sto­rico così tumul­tuoso. Forse per­ché, come diceva una delle pub­bli­cità del film, «3.000 anni fa hanno ini­ziato a costruire il set perThe Eter­nal City!».

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