lunedì 6 ottobre 2014

BIOLOGIA DELL'AMORE. E. BONCINELLI, L'innamoramento? Breve e perentorio, da LA VITA DELLA NOSTRA MENTE, Laterza

[...] C’è qualcosa nell’amore umano che presenta i caratteri della perentorietà e della ridotta durata, tipici della pura attrazione sessuale che si osserva in tutte le altre specie: l’innamoramento. All’interno delle manifestazioni dell’amore romantico, l’innamoramento rappresenta una fase particolare, unica e strategica, dello sconvolgimento dei sensi. Nel periodo dell’innamoramento tutto si esalta, si potenzia e quasi si esaspera; i protagonisti «perdono il senno» per davvero e si abbandonano ad azioni e atteggiamenti mentali che non mostreranno in nessun’altra circostanza. 


L’innamoramento segna l’inizio di una storia, più o meno lunga, ma che appare immediatamente eterna, e deve perciò possedere una forza particolare. Trasforma due estranei in due innamorati, rompe con una serie consolidata di consuetudini e di abitudini e conduce ciascuno degli amanti a trovare un posto per l’altro, soprattutto nel proprio mondo interiore, ma anche in quello esterno. In pochi giorni l’altro diviene tutto e si tende a dimenticarsi di sé, se non in funzione dell’«io e te». È un evento che scalda il cuore, risveglia i sensi, ci trasforma i connotati e ci spinge a preoccuparci anche del nostro aspetto. Ci fa sentire contenti e appagati anche se sempre assetati dell’altro. Ci fa sentire anche fiduciosi e un po’ ciechi. Ci fa sentire vivi e molto lontani dalla mesta riflessione sul senso della vita. Si brucia tutta l’energia vitale che si possiede senza cadute di motivazione e di attenzione. E senza riserve: altrimenti non è innamoramento.
C’è molto di adolescenziale nei modi e negli atteggiamenti degli innamorati, e questo si giustifica interpretando l’evento come una preparazione all’incontro sessuale tipico dell’adolescenza: i sensi devono, per così dire, prendere il sopravvento sulla ragione e le sue esitazioni, e il corpo deve parlare con voce percettibile. Ma c’è anche molto di spiccatamente infantile, anche se ormai ragazzini non si è più. Essere sognatori, mostrarsi fiduciosi ed entusiasti, abbandonarsi a qualcuno che allo stesso tempo ci guida e ci asseconda, non cogliere certi aspetti, magari consueti, della realtà, essere dimentichi del passato e considerare il presente come unica epoca della vita, sono tutti tratti infantili, insieme alla cecità, alla credulità, alla faciloneria, alla irresponsabilità, alla fragilità psicologica, alla dipendenza. Il mondo ci sembra bello perché non lo vediamo molto distintamente e si vive per l’oggi, e per il domani immediato, invece di indulgere in bilanci e consuntivi.
La fase infantile non può tornare ovviamente nella sua forma più pura, ma periodicamente si può fare un tuffo in uno stato d’animo e in un atteggiamento di tipo vagamente infantile. Vari possono essere gli eventi della vita, in genere gioiosi, che ci riportano a quelle beate sensazioni. Lo è certamente l’innamoramento, sebbene qualcosa di infantile rimanga sempre nell’amore anche dopo la fase acuta dell’innamoramento vero e proprio. Le parole, la voce, i gesti, il modo di rivolgersi l’uno all’altro, le attenzioni, le premure, gli scherzi innocenti, le finte arrabbiature, i mezzi rimproveri, i giuramenti, le affermazioni iperboliche e allo stesso tempo serissime, autocentrate e ammiccanti, sono altrettanti esempi del contorno di comportamenti di tipo infantile che caratterizza i rapporti d’amore, anche di due persone adulte. Nell’amore romantico, insomma, rivive in eterno un clima emotivo di tipo infantile che può essere evocato in ogni momento e che aiuta ad affrontare il quotidiano, anche se l’amore può vivere spesso di una sorta di vita tutta sua, parallela a quella prevalente nelle diverse giornate della vita. Nel periodo dell’innamoramento tutto fila in perfetta sintonia e le varie componenti del fenomeno amoroso si presentano saldamente intrecciate. C’è il desiderio sessuale, ma non è solo desiderio sessuale, c’è la voglia di tenerezza e di tenerezze, ci sono le paroline dolci, i vezzi e le ingenuità del periodo infantile, la fiducia nell’altro e nello stesso tempo la paura di perderlo, una continua voglia di dialogo, interiore e esteriore, con la persona amata, la pienezza dell’oggi e l’incrollabile fiducia nel domani, il darsi e il prendere per sé della mente e del corpo.
Le varie componenti dell’amore romantico possono dissociarsi e mostrarsi nella loro individualità quando l’amore diminuisce o viene meno o quando sull’amore vero e proprio si innestano fenomeni patologici, relativi agli individui o alla coppia. Si possono così osservare alcune componenti allo stato puro: l’affetto si separa dalla sessualità, entrano in ballo aspetti secondari quali orgoglio, desiderio di possesso, infantilismo esasperato, egoismo, irragionevolezza ecc. Nell’amore c’è sessualità, desiderio e anche un’inconscia aspirazione alla prevaricazione, egoismo e altruismo, desiderio di futuro e al tempo stesso di stabilità eterna, tenerezza e brutalità. La chiave di questa fusione di istanze individuali sta – secondo me – nella esplosiva, e creativa, miscela dell’istinto riproduttivo nei suoi aspetti più materiali e imprescindibili con l’universo emotivo dell’amore filiale e materno. Si può, infatti, spasimare per un corpo, ma ci si innamora solo di un volto, di un comportamento, di un modo di camminare o di ridere. Il sesso può prescindere a volte dall’individualità dell’altro, l’amore mai. Il sesso ha le sue intermittenze, l’amore no. Il sesso è l’incontro con una terza persona, l’amore è l’incontro con un altro Io, e genera e introduce in noi il Tu, la seconda persona intrapsichica che tanta importanza ha nella nostra vita psichica e non soltanto.
Della funzione riproduttiva non si può assolutamente fare a meno e immani risorse sono mobilitate a questo scopo; innumerevoli stratagemmi sono messi in atto e laccioli di ogni tipo vengono predisposti al fine di raggiungerlo, per ottenere, cioè, l’effetto che almeno qualcuno cada nella trappola e magari che questo qualcuno sia il miglior cliente possibile. Tutto è permesso in questa giostra e nel conseguente torneo, come mostra ampiamente l’azione della cosiddetta selezione sessuale. Ma oltre alle vicende del desiderio sessuale e del rapporto biologico fra i sessi, nell’amore romantico umano pesano altre ben diverse istanze, originariamente legate alla sopravvivenza e all’esigenza di crescere i nati al meglio fino al raggiungimento dell’età riproduttiva: in altre parole, quelle dei rapporti genitore-figlio e figlio-genitore vissuti alternativamente, con tutte le loro idiosincrasie. Ad esempio, il figlio pensa di poter chiedere tutto, ma il genitore sa che non si può dare, né avere, tutto. Il figlio ritiene che il presente sia eterno, mentre il genitore sa che così non è. Il figlio può contare su uno spirito di abnegazione quasi assoluta da parte del genitore, mentre questo conosce i limiti di ogni infinito. Ma il minuto dopo costui o costei veste i panni del figlio e lo pretende. Nel figlio c’è un’embrionale consapevolezza del proprio io, mentre nel genitore questo aspetto è ben presente e molto sviluppato. Nel figlio esiste una qualche forma di identificazione intuitiva fra l’io e il tu, che nell’adulto non ha alcuna ragion d’essere, almeno a priori.
Esistono poi un’infinità di altre caratteristiche di natura storica e culturale che rendono il quadro molto più complicato e poco uniforme. Si comprende allora la resistenza nel tentare di districare questo groviglio vivente e nel cercare di dare un nome e una rappresentazione concettuale a ciascuna componente di questo fenomeno. Ma il fatto che sia difficile non è di per sé una giustificazione per non provare a individuare almeno le linee essenziali del legame amoroso e della sua fenomenologia.
A ben guardare non esiste neppure una perfetta simmetria fra i due sessi nella vicenda amorosa e nei suoi sviluppi. Le esigenze della funzione riproduttiva e delle cure parentali orientano in maniera diversa la madre verso i figli di entrambi i sessi rispetto al padre. Nelle specie che definiamo più evolute la femmina investe maggiormente nella riproduzione: porta i gameti (le cellule uovo) più grandi, sostiene il peso della gestazione e nei mammiferi anche dell’allattamento, e si prende maggiore cura, almeno all’inizio, dell’allevamento della prole. Nella nostra specie è abbastanza ovvio che la madre curi di più i rapporti con i figli, anche quando sono cresciuti, e che la relazione affettiva che si instaura tra madre e figli sia leggermente più consistente di quella che con i figli intrattiene il padre. Può accadere così che, con il passare degli anni, una donna perda di vista il suo legame con il partner, ma molto raramente farà lo stesso con i figli.

Edoardo Boncinelli, La vita della nostra mente, pp. 28-32

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Edoardo Boncinelli insegna Neuroscienze all'Università Vita-Salute di Milano. Scienziato di fama internazionale, si è occupato dei geni che controllano lo sviluppo del corpo e del cervello. Più recentemente si è dedicato alla divulgazione scientifica pubblicando libri di successo. Scrive per il "Corriere della Sera" e per "Le Scienze".

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