martedì 30 giugno 2015

GOVERNO RENZI. RIFORMA DELLA SCUOLA. L. ILLETTERATI, Scuola, il sacrificio al totem decisionale, IL MANIFESTO, 30 giugno 2015

Non è sem­plice pro­vare ora a bocce non pro­prio ferme, ma già mili­tar­mente instra­date verso il loro lido sicuro, par­lare della riforma della scuola, così come è pas­sata gra­zie al voto di fidu­cia in Senato e come si appre­sta ora a pas­sare, senza tur­bo­lenze di sorta, alla Camera. E non è sem­plice per­ché la que­stione sem­bra coin­vol­gere solo mar­gi­nal­mente la scuola, le sue dina­mi­che spe­ci­fi­che, l’idea di for­ma­zione che que­sta nor­ma­tiva in qual­che modo vei­cola, e coin­vol­gere invece molto di più i rap­porti di forza poli­tici che su di essa hanno preso corpo.


Sul piano poli­tico pare chiaro a tutti che ha vinto Renzi; rispetto a chi spe­rava che que­sta prova por­tasse a un inde­bo­li­mento del governo, sem­bra che il governo ne sia uscito invece raf­for­zato. Ma è dav­vero così? E’ dav­vero più forte un governo che per far pas­sare una riforma della scuola (cioè l’ambito su cui si gioca per molti il futuro di que­sto come di ogni Paese) è dispo­sto a met­tere la fidu­cia piut­to­sto che discu­tere, cer­care di capire, tro­vare un equi­li­brio con la quasi tota­lità degli inse­gnanti lì a dire che così non va bene? Ovvia­mente si dirà che il governo ci ha pro­vato eccome a discu­tere, ma che si è tro­vato di fronte solo il muro, solo un no pre­con­cetto, solo ostruzione.
Eppure chiun­que può veri­fi­care che se c’è stata forse discus­sione, que­sta non ha di fatto coin­volto il mondo della scuola, in nes­suna delle sue com­po­nenti. E la farsa della con­sul­ta­zione online – stru­mento con il quale Renzi, in que­sto in linea con tutti i popu­li­smi, cerca di far fuori tutti i corpi inter­medi per tro­vare una legit­ti­ma­zione diretta negli indi­vi­dui coin­volti – che chie­deva di espri­mersi su quel docu­mento imba­raz­zante che era la Buona Scuola e di cui non si è poi sen­tito più nulla ne è di fatto testi­mo­nianza. Per cui a chi dice che sin­da­cati e inse­gnanti hanno perso una buona occa­sione per farsi par­te­cipi di un pro­cesso di riforma della scuola, viene da dire che ad aver perso un’occasione, attra­verso que­sta azione di forza, è stato pro­prio il governo. Renzi dice sem­pre che a lui va benis­simo discu­tere, ma che alla fine biso­gna decidere.
E ha ragione da ven­dere, nel dire que­sto. Anzi, direi di più: quello che ci si aspetta da un governo mini­ma­mente di cen­tro­si­ni­stra è pro­prio la forza di mostrare che si può deci­dere discu­tendo. Che anzi si deve deci­dere pas­sando attra­verso le for­che cau­dine della discus­sione più aspra, nella con­vin­zione che, pas­san­dovi attra­verso, ne emerga la deci­sione più con­di­visa, che tiene conto anche delle ragioni di cui non si era prima tenuto conto, nella quale, se si è forti, ci si dimo­stra anche in grado di tor­nare indie­tro e ripen­sare ciò che si rite­neva essere, forse fret­to­lo­sa­mente, pon­de­rato. Se invece in nome del totem deci­sio­nale si è dispo­sti a sacri­fi­care tutto, si fa una poli­tica pre­su­mi­bil­mente effi­cace ed effi­ciente, la quale però è, digni­to­sa­mente, la poli­tica della destra.
L’alternativa, caro Renzi, non è sem­pli­ci­sti­ca­mente tra chi si assume il peso e la respon­sa­bi­lità della deci­sione e chi pur di non assu­mersi que­sto peso e que­sta respon­sa­bi­lità è dispo­sto a chiac­chie­rare all’infinito lasciando di fatto le cose così come stanno. Se si vuole par­lare seria­mente del fun­zio­na­mento del potere e non sem­pli­ce­mente della sua rap­pre­sen­ta­zione, l’alternativa è fra chi ritiene che la deci­sione debba essere par­te­ci­pata e con­di­visa (e que­sto è ciò che carat­te­rizza in ter­mini molto gene­rali la sini­stra e che rende anche ter­ri­bil­mente dif­fi­cile essere di sini­stra) e chi invece ritiene che la deci­sione debba essere impo­sta e che anzi quanto meno i sog­getti impli­cati dall’atto deci­sio­nale sono coin­volti nell’elaborazione dello stesso, tanto meglio sarà per ciò che viene deciso (e que­sto è ciò che carat­te­rizza la cul­tura poli­tica della destra, da sem­pre, pro­prio per que­sto, più efficiente).
Per que­sto, se un governo il cui lea­der è anche il lea­der del mag­giore par­tito della sini­stra (ammesso che in que­sta vec­chia cate­go­ria in qual­che modo si voglia ancora rico­no­scere) è costretto a imporre una deci­sione attra­verso quell’atto di forza che è il voto di fidu­cia e con­tro la quasi tota­lità dei lavo­ra­tori della scuola, que­sta è evi­den­te­mente un’occasione persa per il governo, un giorno tri­ste per l’idea stessa di una sini­stra di governo, il segno di una scon­fitta per coloro che riten­gono che non solo si possa, ma si debba coniu­gare deci­sione e par­te­ci­pa­zione, respon­sa­bi­lità e condivisione.
Una que­stione, quella che chiama in causa il nodo com­pli­cato tra deci­sione, respon­sa­bi­lità e par­te­ci­pa­zione, che è peral­tro pre­sente anche all’interno del testo sulla scuola, in rela­zione al potere dei diri­genti sco­la­stici, in rela­zione cioè a quelle figure del preside-sindaco o preside-sceriffo di cui si è forse fin troppo par­lato met­tendo sullo sfondo aspetti molto più pro­ble­ma­tici e ben più radi­cali pre­senti nella legge, come la que­stione, dav­vero tutta reto­rica, e tut­ta­via gra­vida di con­se­guenze che saranno nefa­ste, della valutazione.
L’idea di dare mag­giore potere discre­zio­nale ai pre­sidi non è di per sé scan­da­loso. E la ratio che sta die­tro a un’idea di que­sto tipo è anche con­di­vi­si­bile nella misura in cui essa mira a creare appunto dei cen­tri di respon­sa­bi­lità; nella misura in cui essa cerca di met­tere nelle mani di qual­cuno che deve anche rispon­derne una pos­si­bi­lità deci­sio­nale e gio­co­forza discre­zio­nale. Ma que­sti sog­getti in realtà rispon­de­reb­bero dav­vero, sareb­bero cioè dav­vero sog­getti di respon­sa­bi­lità se fos­sero eletti, se fos­sero cioè sot­to­po­sti alla veri­fica con­creta dei diversi attori in campo nella scuola. Fuori da que­sto c’è solo la com­pe­ti­zione, il mer­cato, che neces­sa­ria­mente por­terà a scuole di serie A che saranno sem­pre più di serie A e scuole di serie B che saranno sem­pre più di serie, C, D, ecc.
Clau­dio Giunta, in un arti­colo su Inter­na­zio­nale nel quale si dice con­tento che la legge sia pas­sata anche se nella legge, così scrive, non c’è quasi nulla di buono, ricon­duce l’opposizione mas­sic­cia dell’opinione pub­blica di sini­stra a que­sto prov­ve­di­mento (anche se la sen­sa­zione è che non tutto il per­so­nale della scuola che si oppo­neva fosse di sini­stra) a una dif­fi­denza nei con­fronti del potere che sarebbe tipica di certa sini­stra e in gene­rale a un’idea “demo­cra­tica” del potere che egli trova “nefasta”.
E forse qui si gioca un discorso che va dav­vero al di là della que­stione deli­ca­tis­sima e per que­sto com­pli­ca­tis­sima della scuola. Si gioca un discorso che riguarda dav­vero la pos­si­bi­lità di una sini­stra di governo; la quale, a seguire il discorso di Giunta, per mostrarsi dav­vero capace di deci­sione dovrebbe in qual­che modo farsi destra. Come se il potere fosse qual­cosa che o è auto­ri­ta­rio o non è. Il che magari può anche essere. Ma dicen­dolo si deve anche essere con­sa­pe­voli che ciò a cui si è rinun­ciato è alla pos­si­bi­lità stessa di qual­cosa come la sini­stra. Basta dirlo.

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