domenica 26 luglio 2015

CINEMA E SOCIETA'. S. BALASSONE, Recensione a Italy in a day. Italy in a Day, un selfie di massa, EUROPA, 29 settembre 2014

Italy in a Day, è un film di Gabriele Salvatores che assembla video in formato YouTube scelti fra i 40.000 girati tutti rigorosamente nello stesso giorno di ottobre dal “popolo del web”. Un gigantesco “selfie” degli italiani sparsi fra luoghi e generazioni, fra nascite e ultimi respiri.



Ha riscosso sabato sera su Raitre, ben lanciato da Fazio, l’8,84% di share per 1,9 milioni di spettatori (cifra media). Se i contributi utilizzati in montaggio rispecchiano la visione del mondo dei molti che hanno risposto all’appello di Salvatores (“inviate!”) dovremmo dedurne che nell’Italia di oggi i primi piani mentali sono tutti per il “personale” mentre il “politico” se ne sta sullo sfondo: non assente, ma tutt’altro che immanente. E ne deduciamo anche che, parafrasando al contrario Massimo D’Azeglio, gli Italiani sono fatti e semmai c’è da fare l’Italia (cioè il funzionamento dello Stato unitario)
Quella auto rappresentazione, riassunta in una citazione che rubiamo al film: «La vita bisogna passarla bene o male con un po’ di tranquillità», se è fondata, identifica contemporaneamente sia i confini più attuali della politica, quella del fare e del partito-nazione, a cui chiediamo sostanzialmente di aiutarci a vivere (di raddrizzare le gambe al mondo non se ne parla proprio) sia il baricentro di un generalismo televisivo che si sforzi di rientrare nel selfie del paese.
Visione anti-eroica, si dirà, di quelle che sono snobbate dai più giovani in cerca di cause al servizio dei loro entusiasmi. E invece sono proprio i più giovani che manifestano, secondo l’Auditel, una evidente empatia con l’Italia dei piccoli, ma concreti, sogni di Italy in a day.
Fino ai 44 anni, per uomini e donne, c’è stato uno scatto di attenzione mentre, salendo con l’età si ritrovano le misure normali di Rai3. E che di giovani si tratti lo dimostra, dove l’aumento di audience è stato maggiore (Centro e Sud), la prevalenza dei titoli di studio medio-alti (le classi più anziane vengono da epoche in cui l’obbligo scolastico si fermava a livelli inferiori, si andava a lavorare prima etc etc).
A disagio nel selfie sembra stare il Nord Est, dove l’attenzione, a differenza che nel resto d’Italia, non si è smossa dai livelli usuali. Vien quasi da pensare che da quelle parti, anziché aspirare a nuovi “piccoli” sogni, si viva invece il dramma di un sogno interrotto che si teme di non riuscire a ri-sognare. Forse sanno di se stessi molto più di quanto non compaia sulle analisi sociali ed economiche che raccontano la crisi di quel tessuto di piccole imprese fondate da contadini laboriosi usciti da secoli di fame e subalternità.
Un Veneto in a day ci starebbe bene, per aiutarci a capire.

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