mercoledì 8 novembre 2017

FONDAMENTALISMI RELIGIOSI E COMBATTENTI. REDAZIONE, I sacri valori di chi combatte per o contro l'ISIS, LE SCIENZE, 5 settembre 2017

Combattere fino a sacrificare la propria vita: sono disposti a farlo i miliziani di entrambi gli schieramenti nella guerra contro l’ISIS. Ma quali sono le motivazioni che portano alcune persone a fare scelte così estreme?



Secondo uno studio pubblicato su "Nature Human Behaviour” da Scott Atran dell’Università del Michigan ad Ann Harbor e colleghi di una collaborazione internazionale, si tratta di un attaccamento a valori superiori considerati sacri, unito alla convinzione che la forza spirituale del proprio gruppo sia superiore a quella del nemico.

Lo studio getta la luce sulla psicologia dei combattenti
che spesso è stata trascurata, per mancanza d’interesse o per la difficoltà d’intervistare con metodi scientifici soldati di diversi schieramenti. Queste difficoltà sono anzitutto di natura pratica, ma anche l'ideologia gioca un suo ruolo,  dato che raramente si riesce a evitare di attribuire torti e ragioni ai contendenti sulla base della propria appartenenza nazionale o politica.
Con l’ascesa dello Stato islamico, la questione delle motivazioni che spingono a combattere è tornata alla ribalta e ha assunto contorni inediti a causa del coinvolgimento dei foreign fighter, che si sono uniti al conflitto pur essendo nati e cresciuti in altre nazioni e in contesti sociali assolutamente diversi da quelli interessati dalla guerra.

Nello studio, Atran e colleghi hanno utilizzato una combinazione di diversi metodi d’indagine: interviste sul campo, condotte tra febbraio e marzo del 2015, a combattenti sul fronte dell’Iraq del nord, tra cui alcuni soldati dell’ISIS catturati; uno studio sul campo tra febbraio e marzo 2016 tra gruppi di combattenti peshmerga curdi, curdi dell’esercito iracheno e miliziani 
arabi sunniti; infine una serie di studi online su oltre 6000 spagnoli non coinvolti nel conflitto, scelti perché il paese è stato spesso oggetto di attacchi terroristici da parte di gruppi jiahdisti intenzionati a vendicare l'espulsione degli arabi dall'Andalusia nel XV secolo.

Dall'analisi dei risultati è emerso che tra i combattenti la volontà di
sacrificare il benessere dei propri familiari o addirittura la propria vita è spesso associata alla percezione che il proprio gruppo fosse spiritualmente più forte del nemico.

Questo combattente tipo, secondo gli autori, rientra nel modello del "partecipante devoto” (devoted actor), utilizzato da alcuni anni da Atran nei suoi studi, vale a dire una persona animata da valori non negoziabili con vantaggi personali né tanto meno con denaro.

Si tratta di valori sia di natura religiosa, come la legge sacra o il volere di Dio, come nel caso dei combattenti pro-ISIS, o anche secolari, come la difesa della democrazia o della libertà, come nel caso della lotta contro il nazismo nella Seconda guerra mondiale. O infine di valori che si legano in modo imprescindibile alla propria appartenenza etnica: è caso dei curdi, per i quali il valore supremo è la "curdità", un insieme di attaccamento al territorio, eredità culturale e lingua.

Le conclusioni della ricerca aprono altre questioni scientificamente rilevanti
rilevanti: la principale, secondo gli autori, è capire perché alcuni gruppi sociali sono più abili di altri nell’ispirare lealtà a cause ideali. Ma per questo occorrerrano ulteriori e approfonditi studi.

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