mercoledì 8 novembre 2017

INFANZIA ADOLESCENZA E SPETTACOLARIZZAZIONE. M. MANCA, Baby modelle, lolite e baby attori: la spettacolarizzazione dell’infanzia, L'ESPRESSO, 7 novembre 2017

Baby modelle, baby attori, baby talenti, un uso indiscriminato dei bambini, della loro immagine, delle loro prestazioni e dei loro talenti. Bambini in vetrina, esposti al giudizio social e sociale, costretti a lavorare, a guadagnare soldi, pur di farli apparire in una società che spinge sempre più verso questi modelli. In un'epoca in cui ci si dedica a campagne su campagne per la tutela dell’infanzia, lotte sfrenate per i diritti all’infanzia, ci troviamo davanti a minori usati come merce, al lavoro minorile, inseguito anche in maniera compulsiva dai genitori, soprattutto dalle mamme. Non una condizione di degrado sociale, non di sopravvivenza, ma di ricerca volontaria. L’epoca social del tutto in vetrina, del successo facile, dell’apparire, dei talent, credo che stia esaltando i tratti di personalità di alcune persone, che rinforzi determinate dinamiche e che ci si debba un pochino ridimensionare perché stiamo andando oltre, e i rischi per questi bambini sono veramente alti da un punto di vista psichico, fisico, sociale e relazionale.



Significa proiettare i piccoli in un mondo molto più grande di loro senza che abbiano gli strumenti, le competenze e lo sviluppo emotivo e cognitivo tale per comprendere realmente cosa stanno facendo, se è quello che veramente vogliono fare, visto che ha scelto qualcuno per loro. Se c’è un mercato di baby modelle è implicito che ci sia anche chi lo alimenta, se ci sono programmi televisivi, c’è anche chi li guarda, il bambino fa leva sulle nostre parti più sensibili, crea empatia immediata, tenerezza, soprattutto quando gli si fanno fare le “cose” da grandi. Si sfrutta il potere dei bambini per ottenere una vendita maggiore del prodotto. In un mondo basato sul “real”, sulle forzature, i bambini sembra debbano essere lo specchio di questa società che vive di privacy, di tutela dei diritti dei bambini e nel contempo li espone a condizioni di rischio.
Un mercato in crescita
Il fenomeno delle baby modelle, e in genere tutti i bambini utilizzati come immagine per la pubblicità, per il web, per la televisione e per le sfilate, è in netta espansione. Si tratta di bambini sottoposti a orari pesanti di lavoro, che vengono sfruttati nel corpo, nell'immagine, per il loro aspetto estetico e per fini prettamente pubblicitari e commerciali. E' un problema molto serio che ha sollevato una grande indignazione, in particolare dopo l’uscita del consigliato libro-inchiesta “Bellissime. Baby miss, giovani modelli e aspiranti lolite” della efficacissima Flavia Piccini che ha portato alla luce il lato oscuro di questo mondo tanto da suscitare l’interesse della politica e dell’opinione pubblica. La scrittrice mette giustamente sotto accusa anche gli stereotipi di genere in quanto spesso le bambine sono rappresentate come piccole donne truccate e seduttive e i maschi, invece, come “birichini” che si divertono.
Da un lato il deputato Riccardo Nuti, ha presentato un’interrogazione parlamentare, dove chiedeva la presenza di ispettori sui set per monitorare le condizioni in cui lavorano i minori, ponendo l’accento sulla gravità del lavoro minorile, dall’altro, in occasione della Giornata mondiale dei diritti delle bambine e delle adolescenti celebrata l’11 di ottobre, è stato proposto un disegno di legge da parte della senatrice Fabiola Anitori sulla tutela di bambini e adolescenti che lavorano per il mondo dello spettacolo, con la finalità di contrastare la strumentalizzazione del corpo delle bambine e l’ipersessualizzazione, partendo dalla riduzione delle ore di lavoro, dall’imposizione della presenza di un medico o di uno psicologo sul set e soprattutto dal divieto del trucco al di sotto dei 6 anni di età. Un lavoro che si dovrebbe assolutamente estendere anche alle scuole per sensibilizzare al problema, puntando soprattutto ai genitori.
DUNQUE, DIETRO COPERTINE E PASSERELLE, SERVIZI FOTOGRAFICI E SORRISI SMAGLIANTI, SI CELA QUALCOSA DI BEN PIÙ GRANDE.
L'aspetto psicologico che bisogna sottolineare è che non si tratta di un gioco , posto come un divertimento è comunque un lavoro vero e proprio, con ritmi e tempi da rispettare, con obblighi e privazioni e attività non idonee per lo sviluppo e per la tenera età dei piccoli coinvolti.
Il bambino deve fare il bambino e non l’adulto, non hanno ancora sviluppato strumenti psichici adeguati per gestire questo tipo di stress, di competizione, di ansia, di pressione imposta da queste forme di lavoro minorile. Il gioco e il divertimento sono due aspetti da cui l’infanzia non deve prescindere e non si può mascherare il lavoro con il vestitino di un semplice gioco.
Quali conseguenze psicologiche nel presente e nel futuro?
Significa non fargli vivere un’infanzia da bambini, privarli della spensieratezza, delle relazioni con i bambini “normali” e non attori o modelli con cui competere, privarli degli aspetti sociali di interazione e condivisione e del gioco. Sono bambini, soprattutto bambine, che hanno dei veri e propri turni di lavoro anche estenuanti, ore e ore buttati a fare foto, in passerella, dentro un set perché che cosa?? Per appagare chi???
Il ruolo delle mamme dovrebbe essere quello di tutela di un figlio e tante volte è quello di usare i figli a propria immagine e somiglianza i figli, come se ci fosse una sorta di rispecchiamento, sfruttarli per un appagamento personale. Ci sono pagine e pagine in cui mamme si scambiano informazioni su come trovare questi tipi di lavoro, “mio figlio è bello come posso fare per fargli fare una pubblicità”, sono frasi tipo che si leggono nel web. Una ricerca cieca di un lavoro per i figli, talvolta sottopagato e non regolamentato. Foto che non si sa dove finiscono, bambini che crescono nascosti dietro la propria immagine.
Troviamo bambine truccate da adulte, in pose sensuali, sexy, vestite con abiti succinti, in un’età e in una fase evolutiva in cui l’identità non è ancora strutturata, in cui si potrebbe andare ad intaccare la percezione di sé e rischiare di andare a porre l’accento sul contenitore e non sul contenuto. Un’esposizione continua a giudizi, valutazioni, un basarsi unicamente sull’estetica e sull’apparenza, che con il tempo viene amplificato e diventa un modo dei bambini di relazionarsi e di esprimersi.
Una donna usata come prodotto commerciale più dei maschi. Le bambine subiscono una pressione maggiore, a partire dalle aspettative per arrivare a vestiti anche estremamente complessi da indossare, scomodi, tacchi, trucco che non fa sicuramente bene neanche alle pelle di una creatura. Per i maschietti è un po’ più semplice, più smart, meno impegnativo.
Oltre che l’estetica, non dimentichiamoci la competitività che scatena questo tipo di lavoro, genera ansia da prestazione e frustrazione, nonché insegnamenti sbagliati basati sull’aspetto esteriore che si porteranno dietro per tutta la vita e che condizioneranno anche le loro scelte future.
Stiamo parlando di un mondo che ha già di per sé una pressione sociale estremamente importante: un mondo di bambini belli, perfetti, talentuosi, il cosiddetto mondo dei talent.
Così facendo li facciamo vivere in una dimensione che non è assolutamente appropriata per uno sviluppo psichico equilibrato: non è idoneo alla loro età, perché gli fa vedere uno spaccato sociale che non rappresenta la realtà, che gli può creare anche delle ansie da prestazione e delle responsabilità e pesi difficili da sostenere.
Parliamo di un’adultizzazione e di una sessualizzazione precoce, di un uso sbagliato e distorto del corpo, in quanto un bambino non è minimamente in grado di capire il senso di ciò che sta facendo. C’è una forzatura delle tappe dello sviluppo che ha delle ripercussione nel qui e nell’ora ma anche nelle epoche successive. Un corpo usato come mezzo per ottenere il successo e la fama. Quando parliamo di sessualizzazione precoce intendiamo parliamo di bambine costrette in maniera diretta o indiretta ad assumere movenze da donna, da adulto, provocanti, forzate nel tirar fuori la loro capacità seduttiva. Un conto e giocare a casa, imitare il genitore in un contesto intimo e privato, fa parte della crescita e crea intimità e identificazione con il modello di riferito materno o paterno. Un conto è far identificare i figli con dei modelli social completamente sbagliati e rinforzare anche indirettamente questi comportamenti. Se rido, se approvo, se elogio le prestazioni di un figlio quando fa l’adulto e quando sessualizza i suoi comportamenti, gli sto dicendo che va bene e gli normalizzo e legittimo quel comportamento. E da adolescente queste mamme, si sono mai domandate, come i loro pargoletti potranno applicare questi insegnamenti?
Bisogna sottolineare anche il rischio altissimo di sviluppare disturbi nella sfera alimentare o legati all’immagine corporea e alla accettazione di sé, in parallelo a problematiche legate all’ansia o alla depressione visto che si è sempre esposti ad un giudizio sulla propria immagine e sulla propria prestazione e data anche l’elevata competitività e pressione sociale e genitoriale.
Infine, non ci dimentichiamo dell’esposizione ai pericoli della pedo-pornografia estremamente elevati, perché i pedofili nel web ricercano questo tipo di foto e di immagini e le utilizzano per i propri luridi scopi. Ma a quanto pare questo problema è molto lontano dalle menti di troppi genitori.
Non solo lavoro minorile, oggi si diventa modelle famose anche e soprattutto attraverso i social, si cerca l’attenzione mediatica sfruttando il web, si ricerca la viralità per ottenere popolarità, perché fama significa appagamento dell’Io e soldi. Una distorsione della realtà a discapito dei bambini che vengono filmati e fotografati in tutti i modi dai genitori che li trattano come baby modelli fai da te. Questo è un altro aspetto di cui si parla poco, ma che a me preoccupa tanto, anche per l’esempio e per l’insegnamento che si dà ai bambini, ai figli, basato sulla normalizzazione della condivisione totalitaria della propria vita intima e privata.

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