Dopo il caso dei due bambini di 1 anno infettati dalla nuova mutazione A/H9N2 del virus dell’aviaria in Cina, l’allerta si sposta di nuovo negli Usa, in California per la precisione. Qui, all'allarme scattato la settimana scorsa per il primo caso di H5N1 registrato in un bambino (in tutti gli Stati Uniti) se nè è aggiunto un secondo. Il Dipartimento alla salute della contea di Marin sta investigando su quello che appare come un nuovo contagio, senza cause apparenti, in un giovanissimo. Le analisi sul virus H5N1 nel primo bambino hanno evidenziato che si tratta di un ceppo simile ha quello che infetta gli allevamenti di bovini da latte. Ma non esistono indicazioni di alcun contatto tra questi bambini ed eventuali mucche contaminate.
Intanto anche in Arizona sono stati scoperti i primi due contagi a persone di H5N1: ma in questo caso entrambi i pazienti erano stati esposti a pollame infetto. Il numero di americani che hanno contratto l'influenza aviaria è così salito a 60
Negli usa test obbligatorio sul latte
Nel frattempo, a scopo cautelativo, negli Usa si sottopone il latte a test di verifica. Riguarda quello prodotto su tutto il territorio americano, che a partire dal 16 dicembre sarà testato proprio come azione di contrasto all'aviaria. L'ordine è arrivato dal dipartimento all'Agricoltura e segnala il continuo crescere dei timori su una possibile diffusione incontrollata del virus H5N1, e ancor più del temuto “balzo di specie”.
Ad alzare l' allerta è stata la scoperta, nelle due ultime settimane, del virus proprio in due lotti di latte, venduto non pastorizzato, dell'azienda californiana Raw Milk. Dalla primavera scorsa l'aviaria in Usa si è diffusa a 720 allevamenti bovini in 15 Stati dell'unione e le persone contagiate - quasi tutti addetti alla cura degli allevamenti di bovini da latte - sono state circa 60. Un paio di casi restano però di origine sconosciuta, visto che le persone colpite non avevano in qualche modo contatti con gli animali.
"I primi test - ha spiegato il ministero Usa - inizieranno in California, Colorado, Michigan, Mississippi, Oregon, Pennsylvania e si allargheranno a tutta la nazione”. Secondo l' ordinanza, a venire sottoposti ad analisi saranno i silos contenenti il latte non ancora pastorizzato, il latte trasportato a venditori all'ingrosso, i veicoli per il trasporto, e i diversi punti di arrivo dove i latticini vengono divisi per la distribuzione. Saranno sia laboratori di analisi privati che veterinari pubblici a dover segnalare tutti i lotti che risulteranno positivi al virus e gli allevatori di bovini dovranno fare lo stesso in caso di mandrie infette.
Allarme anche in Canada
L’allerta influenza aviaria dunque si è alzata. E questo succede anche in Canada, dove preoccupano i dati pubblicati dalla Public Health Agency del Canada, per come sono stati analizzati da Scott Hensley, professore di Microbiologia alla Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania. Che il virus dell’influenza aviaria H5N1 sia mutato, e che ora sia più trasmissibile agli esseri umani, con tutte le conseguenze che questo comporta, lo sostengono, appunto, i dati esaminati da Hensley. Si riferiscono alla sequenza genetica del virus che ha infettato un adolescente nella Columbia Britannica. Al momento non ci sono prove che l’adolescente, rimasto in condizioni critiche in ospedale, abbia infettato qualcun altro. Se così fosse, è possibile che questa versione mutata del virus si estingua quando la malattia dell’adolescente si risolverà.
La fonte dell’infezione del giovane non è stata determinata, quindi è impossibile sapere con certezza se le mutazioni erano già presenti nel virus che lo ha infettato. “Questo non è il primo giorno di una pandemia: non ci sono indicazioni di diffusione da uomo a uomo, il che è positivo. Ma è esattamente lo scenario che temiamo”, ha spiegato Hensley, il quale aveva aveva già commentato sui social la presenza, a suo dire, di mutazioni significative nel virus individuato nel giovane canadese. Aggiungendo: "È una cattiva notizia. Dobbiamo monitorare attentamente questa situazione e aumentare i nostri sforzi di sorveglianza”.
Bassetti: “Virus sempre piùvicino a noi”
C’è chi di preoccupazione, di fronte ad una possibile escalation di contagi da aviaria, parla da sei mesi almeno. È l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive all'ospedale policlinico San Martino di Genova, che anche ora parla chiaro: “Dico che assistiamo a un continuo avvicinamento del virus all’essere umano - ribadisce -. Ci sono dati che provengono dalla medicina veterinaria che confermano che il virus dell’aviaria è nell’animale più vicino a noi, ossia la mucca. Ci sono dati della scienza che attestano che basta una mutazione perché il virus faccia il salto di specie. Ci sono dati provenienti dalla Cina che rivelano l’esistenza del virus H9N2, diverso da H5N1, ma come questo appartenente alla famiglia dell’aviaria. Allora mi chiedo: cosa succederà se H5n1 e H9N2 verranno in contatto fra loro in un essere umano? Questo ci deve spaventare, perché siamo di fronte a un virus che cambia, diverso, sul quale i vaccini magari non funzioneranno. Un virus, quello dell’aviaria, che nel corso dell’ultimo anno ha accelerato moltissimo la propria evoluzione”
I segnali del virus al mondo umano
“Questi sono segnali che il mondo dei microbi sta mandando al mondo umano - prosegue Bassetti -. Se qualcuno è in grado di recepirli è ora che si attivi. Come? Può organizzarsi e sorvegliare allevamenti e allevatori, può controllare le forme respiratorie più impegnative, può verificare se i farmaci funzionano o meno, se i vaccini ci sono, se ne abbiamo a sufficienza”. E conclude: “Il piano pandemico è solo uno degli elementi a cui pensare. Per prima cosa evitiamo l’atteggiamento negazionista, ossia che il virus non esista e non ci si debba pensare. A cominciare dal governo, che con la decisione di non far pagare le multe ai no vax, non sta dando certo un bel segnale”.
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