l nostro cervello durante le primissime fasi della vita si comporta come una vera e propria spugna: acquisisce ed elabora informazioni per generare le risposte più adeguate alla sopravvivenza e, perché no, anche ad un certo stato di benessere. L’etologo Konrad Lorenz, padre della moderna biologia comportamentale, fu tra i primi a rendersi conto del ruolo chiave dell’imprinting, una forma di apprendimento che permette ai neonati di riconoscere e seguire la propria madre o i fratelli fin dai primi istanti di vita. Un aspetto determinante dell’imprinting è che avviene solo durante una fase sensibile, il “periodo critico”, che dura poche ore e, superato il quale, non si può più realizzare.
Comprendere i meccanismi biologici alla base di questo apprendimento primordiale che ci permette di riconoscere gli altri esseri animati è uno degli obiettivi del gruppo di ricerca di Giorgio Vallortigara, professore di Neuroscienze presso il Centre for Mind-Brain Sciences dell’Università di Trento. Con il suo gruppo ha applicato tecniche di imaging cerebrale, quali la risonanza magnetica funzionale, fMRI, in pulcini appena nati e sottoposti ad un protocollo di imprinting, pubblicando gli esiti dello studio sulla rivista “Communications Biology”. “Sebbene l’imprinting visivo possa verificarsi con qualsiasi tipo di oggetto - spiega Vallortigara - la ricerca nei pulcini ha dimostrato che il processo dipende da una serie di predisposizioni biologiche che guidano l’attenzione di un animale verso caratteristiche che hanno maggiori probabilità di essere osservate nei partner sociali, come per esempio il colore rosso, che è preminentemente osservato nella regione della testa dei conspecifici o il movimento auto-propulso, tipico degli esseri viventi, o ancora qualità più complesse come stimoli simili a volti”.
Da oltre mezzo secolo si cerca di capire quali siano le aree cerebrali coinvolte e come queste siano attivate durante i diversi passaggi legati a questo apprendimento e alla formazione di memorie durature. “Da tempo – ci spiega lo studioso - si sta cercando di capire quali aree siano attivate durante questi processi, che sembrano sottendere il ruolo cruciale del legame madre-figlio per il successivo sviluppo psicologico. Ad esempio, si sa che il mesopallio mediale intermedio sinistro è cruciale durante la fase di acquisizione della memoria di imprinting visivo, ma solo per un periodo molto limitato, per circa sei ore dall’esposizione”. Successivamente, la traccia mnemonica sembra spostarsi in un’altra regione cerebrale sconosciuta, soprannominata S’.
“Grazie all’uso dell’fMRI per la prima volta in pulcini appena nati - continua Vallortigara - siamo stati in grado di osservare l’attivazione simultanea dell’intero cervello durante le fasi di apprendimento. Abbiamo inizialmente esposto i pulcini all’imprinting con il colore rosso, preferito, o blu, non preferito. Successivamente, abbiamo ripresentato gli stessi stimoli e abbiamo osservato che l’esposizione al colore rosso, rispetto al blu, favoriva l’attivazione di diverse aree, fra le quali il nidopallium caudolaterale, omologa alla corteccia prefrontale umana. La prima esposizione al colore rosso, caratteristica predisposta per l’attaccamento sociale, ha avviato un processo di imprinting secondario, attivando una rete cerebrale nota per essere coinvolta nelle caratteristiche socialmente predisposte alla nascita”. Oltre ad aver escogitato un ottimo metodo di analisi per questo tipo di memorie, il gruppo di ricerca ha fatto luce sulla cosiddetta regione S', la base neurale dell’archiviazione della memoria dell’imprinting a lungo termine, finora sconosciuta.
I risultati di questo studio, oltre a migliorare le nostre conoscenze su un importante processo biologico, forniscono informazioni preziose per meglio comprendere i meccanismi neurali alla base dell’apprendimento precoce e della formazione della memoria nelle prime fasi della vita. Tali informazioni potrebbero essere la chiave per capire meccanismi conservati alla base di quelli che vengono definiti periodi critici dell’apprendimento, un mezzo potentissimo per la comprensione e il possibile trattamento di patologie dello sviluppo come l’autismo.
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