sabato 7 dicembre 2024

SOCIO-PSICOLOGIA E MODERNITA'. FERRERO CAMOLETTO R., Una vecchia storia: il processo di individualizzazione nella seconda modernità, QUADERNI DI SOCIOLOGIA, 32, 2003

 Qual è la ragione di questo slancio verso il più estraneo dei continenti perché il più ovvio, il più sacro, il più pericoloso: il continente del proprio sé? Che cosa spiega questo movimento apparentemente del tutto individuale e tuttavia addirittura schematico, questo ardore, quasi possessione, questa prontezza al dolore, mancanza di riguardo e piacere, con cui molte persone strappano le radici dalla terra da cui sono scaturite per guardare se queste radici sono anche veramente sane? [...] Perché, dunque, molti milioni di persone, in molti paesi, decidono [...] semplicemente di vivere per sé, di seguire il sogno di indipendenza, cambiamento, poliedricità, per aprire sempre nuove pagine dell’“io” anche quando questo sogno ha assunto da lungo tempo i tratti di un incubo? È questa una sorta di epidemia di egoismo, una febbre dell’io [...]? (Beck & Beck-Gernsheim1)


1L’individuo regna sovrano nella società contemporanea: è la tesi su cui concordano molti interpreti di questa epoca storica. Ma a tale riconoscimento si associa spesso un’altra lettura, di tipo diagnostico, che identifica il primato dell’individuo con l’individualismo, ovvero con una deriva del soggetto che, ripiegandosi su se stesso, diviene totalmente autoreferenziale.

2La centralità che l’individuo ha assunto non è però riconducibile soltanto ad una sua degenerazione patologica, espressa dai tanti “-ismi” spesso utilizzati (narcisismo, egoismo, solipsismo, ecc.): tale centralità è infatti il prodotto di un processo – l’individualizzazione – che è alla base della nascita della modernità stessa.

  • 2 Beck U. (2000a), La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carocci, Roma.
  • 3 Beck U., Giddens A., Lash S. (1999), Modernizzazione riflessiva. Politica, tradizione ed estetica n (...)

3Il tema dell’individualizzazione rappresenta uno dei leit-motiv della riflessione di Ulrich Beck: sin da Risikogesellschaft2, l’opera che lo ha introdotto nella cerchia degli interpreti più autorevoli della società contemporanea, Beck aveva puntualizzato come esso rappresenti uno dei tratti distintivi della modernità avanzata – o “modernità riflessiva”3, come l’A. ama definirla – in quanto orizzonte ineliminabile dell’esperienza sociale.

4Allora però la centralità del tema era forse passata in secondo piano per una serie di motivi, alcuni contingenti, altri più strutturali. La ragione più evidente è che in quell’opera l’attenzione era stata attratta dal primo tratto identificato da Beck come peculiare della fase attuale della modernità, ovvero l’emergere di un nuovo profilo di rischio: il dibattito innescato dall’etichetta di “società del rischio” aveva dunque messo in ombra il tema dell’individualizzazione, a cui peraltro Beck aveva dedicato tutta la seconda parte di quell’opera.

  • 4 Non è questa la sede per ripercorrere la storia del concetto di “individuo” e di “individualizzazio (...)
  • 5 Già in un’opera precedente gli aa. riconoscono: “A questo punto molti diranno e chiederanno: le ind (...)

5Un motivo più profondo di questa sottovalutazione da parte dei commentatori è però legato al fatto che, in fondo, quello di individualizzazione non è un concetto nuovo per la sociologia4: al contrario, l’affermarsi sulla scena dell’individuo, affrancatosi progressivamente dai vincoli della comunità, è stato considerato uno degli aspetti che contraddistinguono l’emergere della modernità5. Porre l’accento su questo tema poteva quindi apparire non particolarmente innovativo rispetto alla tradizione consolidata delle scienze sociali: che cosa può dirci di nuovo un concetto così “vecchio”, che si lega alle origini stesse della sociologia come scienza della società moderna?

  • 6 Gli aa. hanno strutturato insieme il piano dell’opera e il capitolo introduttivo, mentre si sono po (...)

6È per rispondere a questo implicito interrogativo che Beck ha affrontato direttamente il tema nel libro Individualization. Institutionalized Individualism And Its Social and Political Consequences, edito dalla Sage Publications nel 2001. Quest’opera, scritta a quattro mani con la moglie Elisabeth Beck-Gernsheim6, si pone il duplice obiettivo di mostrare la fecondità del concetto di individualizzazione per comprendere le dinamiche che attraversano i diversi ambiti dell’esperienza sociale – dal mondo del lavoro alla sfera affettiva e relazionale alla politica alle questioni dell’ambiente e della salute – evidenziando al tempo stesso la necessità di una sua revisione nella direzione di una radicalizzazione. Gli Autori (di qui in avanti indicati con “aa.”) ribadiscono così che quella che può apparire come una categoria ormai datata è oggi più che mai attuale alla luce delle trasformazioni che dalla prima modernità hanno condotto alla fase attuale della modernità avanzata.

  • 7 I cap. 12 e 13 del testo qui presentato sono già comparsi nella raccolta di saggi di U. Beck, I ris (...)
  • 8 L’indice dell’opera è il seguente: Scott Lash, Foreword: Individualization in a Non-Linear Mode/ Zy (...)

7Il saggio raccoglie alcuni contributi inediti per il pubblico italiano ed altri già tradotti in altre raccolte7; dopo un capitolo introduttivo che espone i principali assunti concettuali e passaggi argomentativi, il piano dell’opera si snoda attraverso una serie di capitoli tematici che analizzano l’impatto del processo di individualizzazione nei diversi ambiti della vita sociale, spaziando dalle trasformazioni della struttura sociale ai mutamenti del mondo del lavoro, dalle nuove forme di partecipazione politica alle dinamiche della vita familiare e relazionale, dai rapporti tra i generi e le generazioni alla questione della salute e della morte8.

1. Una revisione necessaria del concetto di individualizzazione

  • 9 Nel capitolo che chiude l’opera qui presentata, Beck affronta direttamente, all’interno di un’inter (...)

8L’analisi degli aa. muove da questo punto: la modernità riflessiva ha prodotto trasformazioni tali da richiedere un rinnovamento dall’interno delle categorie del pensiero sociologico, che rischiano altrimenti di divenire “categorie zombie”9, ovvero concetti morti, incapaci di dare vita ad una comprensione reale della società contemporanea. Come Beck aveva già affermato eloquentemente in un’opera precedente:

  • 10 Beck U. (2000a), op.cit., p.325-326.

La «gabbia d’acciaio» di Max Weber [...] è per me una prigione di categorie e di presupposti fondamentali della sociologia classica [...]. La stragrande maggioranza dei teorici sta invece ancora abbarbicata agli stessi vecchi concetti10.

9Nella seconda modernità vengono portate a compimento le trasformazioni solo iniziate dalla prima modernità: quest’ultima viene infatti descritta come una “modernità dimezzata”, in cui cioè la spinta liberatrice era frenata dalla presenza di svariate forme di vita (la classe sociale, la famiglia nucleare, il lavoro professionale, ecc.) che, come per i parametri del mondo tradizionale, riducevano l’incertezza riconducendo l’esperienza individuale e collettiva ad un sistema ordinato. Il processo di individualizzazione non è rimasto immune a questo effetto di “dimezzamento”: nella prima modernità, quindi, l’individualizzazione era in qualche modo compensata dalla presenza di forme di organizzazione collettiva dell’esistenza.

10Solo nella seconda modernità il potenziale implicito della modernizzazione viene espresso nella sua pienezza, destabilizzando il sistema di certezze costruito dalla società industriale. Anche il processo di individualizzazione conosce così un’intensificazione e radicalizzazione, come emerge dall’analisi dei diversi ambiti della vita sociale. In questo modo, si porta a compimento la parabola della modernità: se la prima modernità aveva affrancato gli individui dai legacci della tradizione e della comunità, la seconda modernità li libera anche da quei modelli istituzionalizzati che ne plasmavano l’esperienza.

11Oggi ci troviamo di fronte ad una vera e propria spinta sociale all’individualizzazione (nel sottotitolo si parla infatti di “individualismo istituzionalizzato”) come complesso di esperienze e processi che vanno in una duplice direzione: il dissolversi delle forme di vita sociale precostituite (ad es., i modelli biografici) e l’incombere di nuove pretese istituzionali sull’individuo (prima fra tutte l’esortazione e/o ingiunzione a condurre una vita autonoma).

  • 11 Beck U. (2000a), op.cit.

12Ciò che contraddistingue la portata dell’individualizzazione nella società contemporanea è quindi la sua democratizzazione e istituzionalizzazione: il principio di fare di se stessi il centro dei propri progetti e di costruire se stessi come il proprio capolavoro tocca indistintamente tutti i cittadini, senza esclusioni né sconti. Di più, esso è divenuto un dovere che esprime il valore morale e civico di un soggetto: ciascuno è responsabile della propria vita, e l’esistenza da destino è divenuta un compito11.

13Le funzioni delle istituzioni centrali della prima modernità sono quindi progressivamente attribuite agli individui: da un mondo in cui le istituzioni garantivano agli individui la soddisfazione dei loro bisogni si passa ad uno in cui è l’individuo che deve farsi carico dei propri bisogni. Tutto, nella modernità avanzata, dal lavoro alla famiglia alle amicizie alla scienza, si sta trasformando in “libertà rischiose”: ogni mossa deve essere ogni volta discussa, concordata, giustificata. Il venir meno delle certezze precostituite acuisce la necessità di sviluppare creatività artistica e abilità circensi: la vita diviene una sorta di esercizio funambolico, che genera però numerose e ripetute cadute.

2. L’individualizzazione come nuovo modo di sociazione

14Ciò che accomuna la maggioranza degli autori che hanno riconosciuto nell’individualizzazione uno dei tratti dominanti della società moderna (Marx, Weber, Durkheim, Simmel, Parsons, Foucault, Elias, Luhmann, Habermas, Giddens, per citare i principali) è il considerarla, in quanto caratteristica strutturale delle società altamente differenziate, non come una minaccia, ma come un’opportunità di integrazione su nuovi basi.

  • 12 Ulrich Beck è stato efficacemente definito un “cartografo del presente”.
  • 13 Beck U. (2000a), op.cit., p.185, corsivo nel testo.

15Gli aa., prendeno le mosse da questa tradizione, costruiscono una mappa12 del livello – intensivo ed estensivo – raggiunto dal processo di individualizzazione oggi, che ha lo scopo di mostrare come tale fenomeno/concetto non vada più inteso, alla maniera dei classici, soltanto come una trasformazione a livello di coscienza e di condizioni di vita personali, bensì vada interpretato come «l’inizio di un nuovo modo di sociazione, una sorta di “metamorfosi” o di “mutamento categoriale nel rapporto tra individuo e società”»13.

  • 14 L’espressione si ritrova in Beck U. (2000b), L’individualizzazione nelle società moderne, in id. (2 (...)
  • 15 Beck U., Beck-Gernsheim E. (2002), Individualization. Institutionalized Individualism And Its Socia (...)

16Individualizzazione significa dunque che l’individuo è divenuto a tutti gli effetti l’unità riproduttiva della vita sociale: l’uomo non è più qualcosa di dato perché definito da criteri ascrittivi, ma è il prodotto delle proprie scelte, l’homo optionis14 che fa di ogni aspetto della propria vita un oggetto di decisioni. Per la prima volta nella storia «l’individualizzazione sta diventando la struttura sociale della seconda modernità stessa»15.

17Nello stesso tempo, però, all’individualizzazione tardo-moderna corrisponde il massimo di standardizzazione: infatti secondo gli aa. si crea una nuova immediatezza tra individuo e società per cui il primo è pienamente esposto – e dipendente – dalle fluttuazioni della seconda. Un esempio lampante ci è fornito dal mondo del lavoro: le nuove forme di occupazione flessibili, mobili, temporanee e trasversali riducono le possibilità di interpretazione collettiva, in termini di categoria professionale, delle problematiche sociali, costringendo il soggetto ad affrontare da solo, in termini di disposizioni personali, questioni strutturali. Il soggetto è così solo di fronte alle incertezze e alle dinamiche spesso imprevedibili del mercato. Conseguentemente, anche le contraddizioni sistemiche (ad es. la disoccupazione) vengono reinterpretate come fallimenti individuali (nei termini di errori nella scelta del percorso di studi, nella capacità di cogliere le occasioni del mercato, ecc.). L’individuo allora si ritrova in balia di condizioni e rapporti oltre la propria sfera di influenza, e sperimenta una forma di dipendenza inedita: sono realtà come l’industria della moda o i mass media a prendere il posto dei vincoli e delle forme di vita tradizionali (di ceto, di famiglia, di genere, ecc.), operando con un tipo di influenza seduttiva più che coercitiva, ma non per questo meno efficace.

18Individualizzazione quindi – precisano gli aa. – non significa né libertà d’azione in uno spazio sociale vuoto, né totale soggettivizzazione: la società tardo-moderna è densa di aspettative e condizioni che avvolgono l’individuo in una rete. L’elemento distintivo di questo sistema di regolazioni è che l’individuo deve badare a se stesso e agire da sé: le norme e regole tardo-moderne, a differenza di quelle tipiche delle epoche precedenti, non impongono restrizioni o proibizioni, ma incentivano a fare. Per godere dei vantaggi della vita tardo-moderna, l’individuo deve attivarsi e darsi da fare: per tutti il modello è quello dell’imprenditore e dell’artista, di colui che sa assumersi dei rischi e creare qualcosa di nuovo. L’altra faccia dell’inedita dose di libertà che l’individuo oggi si trova a gestire è un elevato livello di dipendenza da nuovi standard: il diritto alla propria individualità si ribalta nel dovere di diventare individui, e quindi in una forma di autocostrizione alla creazione di una propria vita.

3. Self-culture e politica della vita

  • 16 Il successo delle terapie viene spiegato come il ricorso ad un “mercato delle risposte” che non è c (...)

19L’individualizzazione promuove l’emergere di una nuova sensibilità culturale, che gli aa. denominano “self culture” o “cultura della propria vita”: essa si caratterizza per l’alto valore attribuito all’autonomia e all’autogestione di ogni stile di vita (con la conseguente richiesta di avere spazi e tempi propri), di cui alcuni indicatori evidenti sono l’elevato numero di single da un lato e il pluralizzarsi delle condizioni di vita dall’altro (con l’emergere di stili pre-, post-, non- e extra-coniugali). Questa nuova cultura è espressione di una società in cui gli assi centrali sono quelli del rischio, dei consumi e delle terapie16.

20La self-culture però, ancora una volta, non va ridotta all’individualismo, al primato narcisistico dell’«Io prima di tutto e sopra a tutto». Al contrario, secondo gli aa., è proprio dall’individualizzazione radicalizzata che possono scaturire nuove forme di intimità e di solidarietà. Ad esempio, nella sfera affettiva-relazionale, l’individualizzazione genera una “situazione di intimità ideale” intesa come un orizzonte normativo di aspettative che sostiene il diritto ad una vita propria e induce processi di negoziazione e giustificazione delle condizioni di vita e delle eventuali diseguaglianze. Ecco che modelli precostituiti di genere vengono progressivamente abbandonati a favore di una ridefinizione reciproca e più flessibile dei ruoli.

  • 17 Il tema della “politica della vita” come di un ritorno della “grande politica” sui temi della vita (...)

21Paradossalmente, quindi, l’individualizzazione produce nuove forme di partecipazione e di mobilitazione sociale: si sviluppa un terzo settore auto-determinato e auto-referenziale indipendente sia dalla sfera economica che da quella politica. Segnali di queste nuove dinamiche politiche emergenti si possono ravvisare nei nuovi movimenti sociali, nelle forme di sperimentazione estetica nella sfera affettiva e relazionale, nella sensibilità per un’alimentazione sana, nell’empatia espressa verso la violenza sugli animali o la condizione dei senza-dimora, dei rifugiati, ecc., nel sorgere di “vigilantes” pronti a difendere nicchie di prosperità da ciò che può minacciarle (inquinamento, stranieri, interferenze burocratiche, ecc.). Tutte queste istanze convergono in quella che viene chiamata “politica della vita”: nuovi aspetti che sorgono direttamente dalla vita privata diventano oggetto di decisione per l’agenda politica, dall’alimentazione (si veda il caso della mucca pazza) alla sessualità17. La politica della vita è al tempo stesso “espressionistica” e “impressionistica”: espressionistica perché si fonda sull’effetto simbolico mediatico, impressionistica perché tradotta in una pluralità di azioni ad hoc isolate. In altre parole, il successo della politica della vita deve essere misurato con parametri diversi rispetto a quelli utilizzati per la politica governativa: il fascino della politica della vita è proprio nell’erosione dei confini tradizionali tra politico e non-politico, per cui il non-politico può divenire politico mentre il politico diventare non-politico. Ciò significa che il sistema politico sta perdendo il monopolio della politica. La politica della vita è spontanea e ha i suoi punti di forza nei suoi punti di debolezza: il fatto di non avere risorse e strutture le permette di tradursi in interventi ad hoc e di essere aperta potenzialmente ad ogni tema.

4. Le zone grigie dell’individualizzazione

22Se è vero che l’individualizzazione radicale della modernità avanzata aumenta il grado di libertà dei soggetti, nello stesso tempo però essa genera nuove paure e nuove problematiche. Essa infatti conduce ad un inasprimento della diseguaglianza sociale: una diseguaglianza che non segue più, però, delle linee di frattura ricomponibili in termini collettivi, ma che sempre più assume caratteri soggettivi. Se l’individualizzazione erode le forme di vita consolidata e consegna ciascuno al dovere di diventare se stesso, sull’altro versante l’assenza di modelli biografici fa sì che la vita di ciascuno divenga una “biografia elettiva”, “riflessiva”, “fai-da-te”, il che significa una biografia “rischiosa” come il camminare su una corda senza reti di sicurezza. Basta una scelta sbagliata nei consumi, nella carriera professionale, negli studi, nelle relazioni affettive per far precipitare nel baratro: la biografia fai-da-te è sempre potenzialmente una biografia del fallimento.

23Individualizzazione significa allora abbandono di forme date di certezza e supporto: la vita diventa per principio un’avventura rischiosa, ed è sempre più diffusa tra la gente la sensazione di essere sopraffatti da condizioni che non si riesce a gestire o ignorare. La problematicità assume la forma di un’area grigia i cui contorni sono indefiniti e mobili, una zona d’ombra cangiante che attraversa sempre più frequentemente la traiettoria esistenziale della maggioranza della popolazione.

  • 18 Con la sua ormai nota capacità immaginifica, nella prefazione all’opera qui presentata Bauman parag (...)

24Gli aa. analizzano il caso della povertà e della disoccupazione: la difficoltà è che sempre più questi problemi non sono distribuiti per gruppi, ma per fasi nella vita di una persona. La povertà diviene una condizione temporanea, una proprietà dinamica che viene e che va: è simile ad un bus su cui alcuni viaggiatori rimangono al proprio posto, ma la maggioranza sale e scende18. È sempre più difficile quindi capire chi si trova in questa condizione: ci sono solo delle tracce indirette (la disconnessione del telefono, l’interruzione dell’abbonamento o della tessera di un club, ecc.). Questo fenomeno ha dunque due facce: da un lato si parla di disoccupazione di massa, perché essa colpisce sempre più individui, dall’altro essa si è frammentata in mille pezzetti, ovvero si è individualizzata.

25La self-culture ha dunque introdotto nuove forme di ricchezza e povertà differenti da quelle della cultura proletaria e borghese: si afferma una condizione di ambivalenza per cui si sovrappongono aspetti di momentanea ricchezza e povertà. Sempre più individui vivono in questa condizione intermedia tra aree sempre più risicate di chiarezza al vertice e alla base: la self-culture non segue il modello “né-né” ma quello “sia-sia”, della complessità e della compresenza.

26Gli aa. suggeriscono così di adottare categorie concettuali più fluide per comprendere questa trasformazione in atto: quelle dell’ambivalenza, della precarizzazione, dell’occasione e della contingenza, oltre a quella fondamentale del rischio e dell’auto-attribuzione. Si tratta di categorie ibride e mutevoli, adatte a descrivere più il movimento che la collocazione sociale.

5. L’individualizzazione bloccata

27Sebbene l’individualizzazione rappresenti ormai l’asse portante della dinamica sociale, si possono rintracciare alcuni punti di attrito su cui il processo non ha ancora fatto pienamente presa, e in cui quindi si ravvisano elementi di contraddizione tra modelli e aspettative da un lato e pratiche quotidiane dall’altro.

28Un caso esemplare è rappresentato dalla vita familiare: per quanto anche in questo ambito si sia affermata la spinta all’individualizzazione, permangono ancora forme tradizionali di organizzazione. Da un lato si è diffusa una “retorica dell’eguaglianza” che produce nuove basi per la socializzazione di genere, per cui le donne fanno proprie nuove immagini di sé e progetti di vita: la famiglia continua ad essere considerata un valore, ma l’enfasi è posta sull’autonomia, l’indipendenza e lo spazio personale. Dall’altro lato, però, le routine della vita quotidiana non sempre seguono tale retorica: questo contrasto diviene esplosivo quando uomini e donne vivono insieme, facendo sperimentare alle donne una frattura tra miti e pratiche della modernità.

29Un primo indicatore è fornito dai contrasti sulla divisione del lavoro domestico: essi sottendono così un conflitto ben più profondo, un “conflitto dietro al conflitto”, che riguarda l’immagine che si ha di sé e l’identità che ci si attribuisce. Tutto ciò mostra all’opera la dialettica della “politica della vita”: ogni aspetto della vita quotidiana diventa oggetto di scelta e decisione ed entra a far parte, riflessivamente, della costruzione dell’identità. I rapporti di coppia esemplificano quindi lo sforzo di “far quadrare il cerchio” tra aspettative di sentimenti e aspettative di uguaglianza.

30Un secondo indicatore è rappresentato dal rapporto con la paternità e la maternità: nella società contemporanea, al tempo stesso si registra un calo drastico delle nascite, ma anche un aumento delle richieste di fecondazione artificiale e di adozione. Questa apparentemente contraddizione si spiega nella logica dell’individualizzazione: da un lato, il desiderio di avere un figlio acquista una nuova valenza, come espressione di una ricerca di significato, di calore e vicinanza, di radicamento e familiarità. Dall’altro, però, l’individualizzazione produce un incremento dell’incertezza e della rischiosità della vita quotidiana, generando un atteggiamento di cautela verso scelte che possono avere ricadute pesanti e vincolanti (come avere dei figli). In questo quadro, alla spinta per una propria vita e all’affermarsi di un contesto di incertezza e rischio si accompagna il mutamento della concezione dell’avere figli da un evento naturale ad un oggetto di scelta e di calcolo (la “questione dei figli”).

31Le trasformazioni che attraversano l’ambito familiare evidenziano così i punti di forza e di debolezza dell’individualizzazione, le zone di avanzamento e quelle di resistenza di un processo che appare però ineludibile.

6. Conclusioni

32L’opera di Ulrich Beck e di Elizabeth Beck-Gernsheim ha evidenziato come il concetto di individualizzazione, nella sua forma radicalizzata, permetta di sviscerare i tratti di cambiamento della seconda modernità e di coglierne luci ed ombre, accelerazioni e rallentamenti. Il loro contributo si pone su un duplice piano: epistemologico, grazie allo sforzo di revisione di una categoria consolidata della tradizione sociologica; empirico, come testimonia l’ampiezza degli ambiti analizzati e la mole di dati forniti a supporto della propria argomentazione.

33L’individualizzazione viene quindi descritta come una trasformazione non solo dell’esperienza individuale, ma della cornice sociale e istituzionale di riferimento, che si riflette poi nelle speranze e paure dei soggetti. Essa costituisce un particolare modo di vita entro certi vincoli e aspettative istituzionali che spingono i soggetti all’assunzione di una vita propria sotto condizioni contraddittorie e spesso incompatibili.

34Molte delle incertezze e delle ambivalenze dell’esperienza della società contemporanea ci appaiono così sotto una nuova luce: il diritto ad una propria vita si riversa nel dovere di assumersi la responsabilità della propria esistenza, con i costi che ne derivano. L’affrancamento dai vincoli della tradizione prima e dell’ordine moderno poi risulta un’arma a doppio taglio: una “libertà rischiosa” che però non possiamo più permetterci di rifiutare.

  • 19 Cfr. Bauman Z. (1999), La società dell’incertezza, Il Mulino, Bologna.

35L’immagine del funambolo, impegnato a “inventarsi” un equilibrio precario tra mille tensioni e pressioni, è una figura della modernità avanzata che va così ad aggiungersi a quelle già note del vagabondo, del flaneur, del giocatore e del turista19: questa carrellata di profili ci mette in guardia, ancora una volta, dal lato oscuro della modernità avanzata.

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Note

1 Il brano è tratto da Beck U., Beck-Gernsheim E. (1996), Il normale caos dell’amore, Bollati Boringhieri, Torino, p. 13.

2 Beck U. (2000a), La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carocci, Roma.

3 Beck U., Giddens A., Lash S. (1999), Modernizzazione riflessiva. Politica, tradizione ed estetica nell’ordine sociale della modernità, Asterios Editore, Trieste.

4 Non è questa la sede per ripercorrere la storia del concetto di “individuo” e di “individualizzazione”. Emblematici di questo “filo rosso” del pensiero sociologico possono essere i titoli di due opere: l’ormai classico La società degli individui di Norbert Elias e il più recente La società individualizzata di Zygmunt Bauman.

5 Già in un’opera precedente gli aa. riconoscono: “A questo punto molti diranno e chiederanno: le individualizzazioni non ci sono sempre state? Presso gli antichi (Michel Foucault), nel Rinascimento (Jacob Burckhardt), nell cultura cortese del Medioevo (Norbert Elias) ecc.? Vero è che l’individualizzazione non è niente di nuovo, in un senso generale del termine [...]. Tuttavia ciò che appare la stessa cosa riceve oggi un altro senso, forse non ancora abbastanza analizzato. Questo sta, non da ultimo, nel carattere di massa, nell’ampiezza e sistematicità dell’attuale spinta all’individualizzazione”. Cfr. Beck U. e Beck-Gernsheim E. (1996), op.cit., p.18, corsivo nel testo.

6 Gli aa. hanno strutturato insieme il piano dell’opera e il capitolo introduttivo, mentre si sono poi dedicati all’analisi di ambiti differenti: Ulrich Beck si è concentrato sui temi della struttura sociale, della politica, della globalizzazione e della diseguaglianza sociale, mentre Elizabeth Beck-Gernsheim ha approfondito il tema della condizione della donna, delle dinamiche familiari, dell’invecchiamento della popolazione, della salute e della morte.

7 I cap. 12 e 13 del testo qui presentato sono già comparsi nella raccolta di saggi di U. Beck, I rischi della libertà, edita da Il Mulino nel 2001.

8 L’indice dell’opera è il seguente: Scott Lash, Foreword: Individualization in a Non-Linear Mode/ Zygmunt Bauman, Foreword: Individually, Together/ Author’s Preface: Instituzionalized Individualism/ Losing the Traditional. Individualizations and “Precarious Freedoms’/ A Life of One’s Own in a Runaway World: Individualization, Globalization and Politics/ Beyond Status and Class?/ The Ambivalent Social Structure: Poverty and Wealth in a “Self-Driven Culture’/ From “Living for Others” to “A life of One’s Own”: Individualization and Women/ On the Way to the Post-familial Family: From a Community of Need to Elective Affinities/ Division of Labour, Self-imaging and Life Project: New Conflicts in the Family/ Declining Birthrates and the Wish to Have Children/ Apparatuses Do Not Care for People/ Health and Responsibility in the Age of Genetic Technology/ Death of One’s Own, Life of One’s Own: Hopes from Transience/ Freedom’s Children/ Freedom’s Fathers/ Zombie categories: Interview with Ulrich Beck.

9 Nel capitolo che chiude l’opera qui presentata, Beck affronta direttamente, all’interno di un’intervista, la questione della necessaria revisione epistemologica di molte delle categorie sociologiche ereditate dalla prima modernità.

10 Beck U. (2000a), op.cit., p.325-326.

11 Beck U. (2000a), op.cit.

12 Ulrich Beck è stato efficacemente definito un “cartografo del presente”.

13 Beck U. (2000a), op.cit., p.185, corsivo nel testo.

14 L’espressione si ritrova in Beck U. (2000b), L’individualizzazione nelle società moderne, in id. (2000b), I rischi della libertà. L’individuo nell’epoca della globalizzazione, Il Mulino, Bologna.

15 Beck U., Beck-Gernsheim E. (2002), Individualization. Institutionalized Individualism And Its Social And Political Consequences, Sage Publications, London-Thousand Oaks-New Delhi, p. xxii.

16 Il successo delle terapie viene spiegato come il ricorso ad un “mercato delle risposte” che non è che l’altra faccia (sul versante dell’offerta) dell’individualizzazione della domanda: le terapie rappresentano una forma personalizzata di securizzazione che sostituisce le “fabbriche dell’ordine e della sicurezza” tipiche della prima modernità.

17 Il tema della “politica della vita” come di un ritorno della “grande politica” sui temi della vita quotidiana (l’alimentazione, la salute, ecc.) avvicina gli aa. alle posizioni di Giddens; tuttavia, Beck se ne differenzia per il concetto di “subpolitica” come di una forma di mobilitazione dal basso che spiazza ed esautora la politica tradizionale, legittimando nuovi attori – primo fra tutti il volontariato, in particolare quello ambientalista, a cui più volte Beck fa riferimento – esterni all’arena politica istituzionale.

18 Con la sua ormai nota capacità immaginifica, nella prefazione all’opera qui presentata Bauman paragona la condizione prodotta dall’individualizzazione al “gioco delle sedie”: mentre i concorrenti continuano a girare e a scambiarsi di posto, qualcuno a turno è sempre costretto a rimanere in piedi perché il numero di posti è inferiore al numero dei partecipanti al gioco. Fuor di metafora, il dinamismo intrinseco al gioco sociale può far sembrare che dipenda solo dalle capacità del soggetto il fatto che sappia “accaparrarsi” una sedia: ma in realtà sono fattori strutturali (il ridotto numero di sedie) a determinare l’esito del gioco.

19 Cfr. Bauman Z. (1999), La società dell’incertezza, Il Mulino, Bologna.

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Per citare questo articolo

Notizia bibliografica

Raffaella Ferrero Camoletto«Una vecchia storia: il processo di individualizzazione nella seconda modernità»Quaderni di Sociologia, 32 | 2003, 188-196.

Notizia bibliografica digitale

Raffaella Ferrero Camoletto«Una vecchia storia: il processo di individualizzazione nella seconda modernità»Quaderni di Sociologia [Online], 32 | 2003, online dal 30 novembre 2015, consultato il 05 décembre 2024URL: http://journals.openedition.org/qds/1195; DOI: https://doi.org/10.4000/qds.1195

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Questo articolo è citato da

  • Barba, Davide. D’Ambrosio, Mariangela. (2024) Il disagio socio-economico delle famiglie italiane fra diritti e (in)giustizia. Il "nuovo" ruolo del Servizio Sociale oggi e le sfide del futuro. SICUREZZA E SCIENZE SOCIALI, 11. DOI: 10.3280/SISS2023-003010
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Autore

Raffaella Ferrero Camoletto

Dipartimento di Scienze Sociali – Università di Torino

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