mercoledì 24 settembre 2014

MASS MEDIA, TELEVISIONE, SOCIAL NETWORK. CODELUPPI V., La buona arte della disconnessione. Recensione a T. Perna, Schiavi della visibilità, IL MANIFESTO, 23 settembre 2014

Nelle società con­tem­po­ra­nee, il con­cetto di visi­bi­lità è impor­tante. Pro­ba­bil­mente il Web, che con­sente alle per­sone di esporre facil­mente la pro­pria vita, ha una note­vole respon­sa­bi­lità in que­sto risul­tato. Sta di fatto che la capa­cità di essere visi­bili sta diven­tando un ele­mento signi­fi­ca­tivo nelle rela­zioni sociali.


Tonino Perna ha ana­liz­zato que­sto tema nel volume Schiavi della visi­bi­lità (Rub­bet­tino, pp. 86, euro 10). Si tratta di un pam­phlet di dimen­sioni con­te­nute, ma che, nono­stante la sua bre­vità, rie­sce a for­nire al let­tore rifles­sioni sti­mo­lanti rispetto al tema affron­tato. Perna è par­tito dalla con­sta­ta­zione che il biso­gno di visi­bi­lità è qual­cosa d’innato nelle per­sone. Negli ultimi anni, però, le nuove tec­no­lo­gie della comu­ni­ca­zione hanno inten­si­fi­cato tale biso­gno, che si è tra­sfor­mato in una vera e pro­pria osses­sione. Siamo per­tanto diven­tati tutti «schiavi della visi­bi­lità». Rite­niamo di esi­stere e di avere un valore nella società sola­mente quando siamo con­nessi agli altri attra­verso il Web e pen­siamo in tal modo di riu­sci­rea essere visi­bili. Perna addi­rit­tura sostiene, rie­cheg­giando una cele­bre affer­ma­zione di Pier Paolo Paso­lini, che è in atto una vera e pro­pria muta­zione antro­po­lo­gica.
La parte più inte­res­sante del volume è quella rela­tiva all’intreccio sem­pre più evi­dente tra la visi­bi­lità e l’invisibilità. Vale a dire che Perna, pur sot­to­li­neando la grande impor­tanza odierna della visi­bi­lità, mette in luce anche come a ciò cor­ri­sponda para­dos­sal­mente una paral­lela cre­scita dell’invisibilità.
L’ambito dove tutto ciò risulta più evi­dente è quello della poli­tica. Nelle realtà occi­den­tali, annota a ragione Perna, i par­titi sono entrati già da alcuni decenni in una grave situa­zione di crisi, men­tre al con­tra­rio i loro lea­der sono diven­tati sem­pre più impor­tanti. Al punto che la forma-partito tende a iden­ti­fi­carsi con loro e con il loro con­senso. Il quale si rag­giunge oggi sol­tanto attra­verso una pre­senza dura­tura sui media. Ecco dun­que la neces­sità di creare «grandi opere» oppure grandi eventi spet­ta­co­lari (Olim­piadi, Expo, ecc.). Men­tre, nel con­tempo, si tra­scura tutto ciò che non dà visi­bi­lità, come gli acque­dotti, i depu­ra­tori e le fogna­ture, seb­bene siano invece fon­da­men­tali per l’igiene e la salute della popo­la­zione. Anche i movi­menti ambien­ta­li­sti, paci­fi­sti e no glo­bal, per dif­fon­dere le loro idee, hanno biso­gno di diven­tare visi­bili all’interno dello spa­zio sociale. Lo stesso biso­gno che hanno coloro che vivono nei «sot­ter­ra­nei della sto­ria», come gli ope­rai che devono salire sulle gru o fare lo scio­pero della fame per riu­scire a far cono­scere le loro pro­te­ste.
Perna però sot­to­li­nea che oggi è cre­sciuta la neces­sità di essere visi­bili da parte di chi gesti­sce il potere poli­tico, ma paral­le­la­mente si è svi­lup­pata anche la pre­senza dei cosid­detti «poteri occulti». A comin­ciare dai «ser­vizi segreti», che ope­rano per defi­ni­zione in maniera invi­si­bile, pur essendo nello stesso tempo rico­no­sciuti isti­tu­zio­nal­mente. Si pensi sol­tanto a tutte le nume­rose «stragi di stato» ita­liane rima­ste impu­nite e al ruolo che i ser­vizi segreti vi hanno svolto. Non è un caso, d’altronde, che Assange e Sno­w­den siano per­se­gui­tati per­ché hanno cer­cato di met­tere a nudo i segreti del potere invi­si­bile. Un potere reso evi­dente anche dal ruolo gio­cato dalla finanza, che attual­mente opera soprat­tutto in maniera occulta, la cosid­detta «finanza ombra», il cui valore com­ples­sivo è supe­riore a quello del Pil mon­diale. Tale finanza è sle­gata dall’economia reale e soprat­tutto dai con­trolli dei cit­ta­dini e delle isti­tu­zioni pub­bli­che, ma eser­cita un enorme potere sulla vita delle per­sone. Il vero potere, insomma, è quello invi­si­bile. Seb­bene visi­bi­lità e invi­si­bi­lità, in qual­che misura, si sosten­gano a vicenda.
Nella parte finale del volume Perna si è chie­sto come sia pos­si­bile uscire da que­sta situa­zione. Le sue rispo­ste sono diverse. Innan­zi­tutto, scrive che occorre «andare al di là del pen­siero unico», vale a dire libe­rarsi da quell’ideologia eco­no­mi­ci­stica che ha con­ta­mi­nato ormai l’intera esi­stenza quo­ti­diana. Quell’ideologia per cui per­sino un pae­sag­gio o un bene cul­tu­rale acqui­stano un’utilità sociale sola­mente se ven­di­bili sul mer­cato. Inol­tre, per Perna, biso­gna «libe­rare le ener­gie som­merse», vale a dire fare cono­scere quell’intensa atti­vità sociale che rimane soli­ta­mente nasco­sta per­ché non è utile ai media per cat­tu­rare l’attenzione del pub­blico. Infine, è neces­sa­rio «pro­muo­vere le buone pra­ti­che», cioè far cono­scere tutte quelle atti­vità che ven­gono quo­ti­dia­na­mente rea­liz­zate da tanti ammi­ni­stra­tori «illu­mi­nati» e che, se divul­gate, pos­sono inne­scare pro­cessi imi­ta­tivi.
Que­sta posi­zione potrebbe sem­brare nostal­gica e in parte pro­ba­bil­mente lo è. Ma Perna sostiene che già oggi una por­zione mino­ri­ta­ria della popo­la­zione delle società eco­no­mi­ca­mente più svi­lup­pate sente l’esigenza di un altro modo di vivere. Perna insomma ci dice che que­sti uomini e donne sono alla ricerca di una nuova forma di vita comu­ni­ta­ria dove sia pos­si­bile ricor­dare il pas­sato e sia con­sen­tito pra­ti­care la dif­fi­cile «arte della discon­nes­sione», al fine di ritro­vare un pro­prio spa­zio inte­riore. E dove, soprat­tutto, a con­tare sia un tes­suto sociale che valo­rizza ciò che si fa e ciò che si è, indi­pen­den­te­mente da quanto si rie­sce a essere visibili.

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