Nella corsa alle presidenziali degli Stati Uniti, il candidato «socialista» Sanders sta inaspettatamente mettendo a rischio la nomination di Hillary Clinton. Con un accento molto forte sui temi della giustizia sociale e uno stile decisamente antitelevisivo — basato su un tratto bonario e quasi paterno, il contrario dell’«uomo che non deve chiedere mai» — Sanders sta riscuotendo un successo inaspettato. Nel suo ultimo confronto con Clinton è uscito a testa alta, riuscendo a comunicare il senso di essere una persona lontana dall’establishment (e da Wall Street) e proprio per questo degna di fiducia. La cosa più interessante però è il profilo demografico degli elettori di Sanders: nella piccola Iowa, l’84 % degli elettori democratici con meno di 30 anni ha votato Sanders, mentre tra gli ultra sessantenni la percentuale scende a meno del 30 %.
Qualcosa di molto simile sta accadendo anche in Inghilterra, dove Jeremy Corbyn, anch’egli apparentemente piuttosto démodé, da qualche mese ha preso la guida del partito laburista a partire da una piattaforma politico-economica che mette definitamente alle spalle la «terza via» di Tony Blair. Secondo i critici, Corbyn è un vecchio laburista, di quelli che hanno sempre fatto perdere le elezioni. E ci sono buone ragioni per pensare che ciò sia assai probabile. Eppure, la cosa curiosa è che Corbyn è appoggiato soprattutto dai giovani (secondo un ultimo sondaggio, nella fascia di età tra 18-24 anni il 61 % pensa chi stia facendo bene), mentre chi è più avanti negli anni rimane freddo (tra gli ultra sessantenni l’approvazione crolla al 16%)
Naturalmente, queste indicazioni non devono essere sopravvalutate. Stiamo parlando di sondaggi e di candidati che sono ancora molto lontani da un vero test elettorale. E tuttavia, gli orientamenti giovanili, che spesso segnalano tendenze che poi si diffondono in tutta la società, non possono non sorprendere. Tanto più che stiamo parlando dei Paesi anglosassoni, che rimangono i battistrada del mondo occidentale. Il fatto è che sono ormai tante le ricerche che concordemente rilevano un significativo riorientamento in atto nel mondo giovanile.
Probabilmente come risposta agli anni difficili che hanno segnato la loro giovinezza, i cosiddetti Millennials (nati tra il 1980 e il 2000) appaiono eticamente più sensibili, meno cinici e strumentali rispetto alle generazioni precedenti. Un po’ in tutti i Paesi occidentali (e anche in Italia), questa nuova generazione è alla ricerca di un nuovo equilibrio tra le proprie aspirazioni personali e lo sviluppo della comunità, tra la crescita economica e il rispetto dell’ambiente, tra l’identità storica e culturale di un popolo e la necessità di aprirsi al mondo, compresa anche l’ospitalità per i rifugiati. Nella convinzione, più in generale, che l’etica costituisca una dimensione irrinunciabile per raggiungere una prosperità che è vista come individuale e insieme collettiva.
I prossimi anni ci diranno se queste nuove tendenze culturali riusciranno a rafforzarsi, aprendo la via per una agenda politica ed economica. Ipotesi tutta da dimostrare, tanto più che il profilo demografico delle nostre società è oggi sbilanciato sulle classi di età più avanzate, come sempre conservatrici rispetto alla loro esperienza, tutta centrata sull’individualismo di matrice neoliberista. Rimane il fatto che, come accaduto già altre volte nella storia, lunghezza e profondità della crisi hanno già rimodellato gli orientamenti culturali dei giovani. Nella oscillazione tipica della vita sociale tra il polo privato dell’Io e il polo pubblico del Noi, le nuove generazioni si pongono alla ricerca di un equilibrio nuovo, capace di trovare un punto di mediazione più avanzato rispetto a quello che noi siamo stati capaci di fare. Dopo tanti anni di slegamento, i giovani — non a caso cresciuti con il web e i social network anziché con la Tv — sono i primi a rendersi conto che c’è bisogno di nuove legature. Dove espressione di sé e condivisione non sono altro che le due facce della stessa medaglia.
Quale nuova offerta politica, quale nuova forma di organizzazione economica, saranno in grado di rispondere a questa nuova domanda culturale rimane ancora da capire. Tanto più che la questione, come si vede bene nel panorama politico contemporaneo, interpella tanto la destra quanto la sinistra. Può essere che, al di là dei loro destini elettorali, Sanders e Corbyn stiano davvero aprendo una nuova stagione politica. Ma può darsi che si tratti solo di primi esploratori. E che tocchi ad altri trovare quelle nuove soluzioni che tutti, a partire dai giovani, stiamo cercando.
Nessun commento:
Posta un commento