domenica 6 agosto 2017

SCRITTORI E SCIENZE UMANE. MANZONI. G. ALPA, Manzoni esperto di legge, IL SOLE 24 ORE, 5 agosto 2017

Se si dovesse immaginare l’opinione che Alessandro Manzoni aveva dell’ Avvocatura traendone spunto dal personaggio dell’ Azzeccacarbugli , al quale Renzo si era rivolto per avere un parere sul veto di don Rodrigo al suo matrimonio, si dovrebbe concludere per un giudizio morale assai negativo condito dal disprezzo e dalla derisione . Ma quella era l’opinione corrente sugli avvocati nel Seicento: basta leggere le pagine di Tommaso Garzoni nella Piazza di tutte le professioni , del 1601, in cui si descrive l’avvocato come traditore del cliente, cuore di pietra, avido di danaro, del tutto inaffidabile, poco competente nella sua professione. Al contrario – come risulta sia dalle lettere, sia da questa vicenda processuale rivisitata magistralmente da Laura Moscati, professore di Storia del diritto alla Sapienza – ci si deve convincere del contrario. Manzoni era laureato in Giurisprudenza, e diversi giuristi nel corso degli anni si sono dedicati a sottolineare le sottigliezze giuridiche che emergono dalle pagine dei Promessi sposi, e, ancor più esplicitamente, nella descrizione dello stato della giustizia nel Seicento dipinto dallo stesso Manzoni nella Storia della colonna infame. 


Non sappiamo se Manzoni abbia mai svolto la professione forense; certo è che, all’occasione, poteva dimostrare di essere un eccellente avvocato, il quale teneva in gran conto la vera professionalità dei colleghi e degli stessi avversari.
Con tono lieve e con notevole acume Laura Moscati narra la vicenda giudiziaria che coinvolge proprio Manzoni, autore, e Le Monnier, l’editore di Firenze. Questi aveva dato alle stampe migliaia di copie del romanzo pubblicato da Passigli nel 1832 senza l’autorizzazione dell’autore e ovviamente privandolo di ogni retribuzione . Il gioco – anzi, l’illecito – era ben congegnato. Nel Granducato di Toscana vigeva sì una disciplina che tutelava il diritto d’autore , perché il Granduca aveva aderito, unico Stato italiano, alla Convenzione sulla protezione del diritto d’autore conclusa tra il Regno di Sardegna e l’Impero austriaco: si trattava di una novità, sia per il tipo di tutela (diritto di proprietà intellettuale) sia per l’oggetto della disciplina (una proprietà non tangibile derivante dall’ingegno). Solo successivamente, con la Convenzione internazionale di Berna del 1886 - ispirata, si dice, da Victor Hugo - la materia avrebbe ricevuto una più sistematica regolamentazione. Tuttavia l’adesione del Granducato era avvenuta nel 1840, e l’edizione di Passigli era anteriore a quella data. Di qui il dilemma: la protezione del diritto d’autore si poteva estendere retroattivamente anche alle opere pubblicate anteriormente all’adesione o doveva valere solo per il futuro? Le Monnier e i suoi avvocati propendevano per quest’ultima interpretazione, Manzoni e i suoi per la tesi opposta. Ne nasce una controversia, che, instaurata nel 1845 dinanzi al Tribunale di Firenze (luogo della pubblicazione ritenuta illegale) , si trascina per anni, vedendo tuttavia Manzoni vittorioso in tutti i gradi.
La causa diventa lo strumento per dare un fondamento giuridico più solido al diritto d’autore: sia nelle difese , sia nei pareri , sia nelle sentenze si rinvengono tutti gli argomenti che bilanciano i diritti dell’autore con i diritti dell’editore, riconoscendosi comunque al primo un giusto profitto. Scavando negli Archivi di Stato, Laura Moscati riesce a ricostruire documentalmente l’intero processo, di cui nel libro sono raccolti gli atti per la prima volta in modo integrale. Alessandro Manzoni segue punto per punto le schermaglie delle difese insieme ai suoi avvocati. Dagli atti emerge anche la lettera che lo stesso Manzoni si permette di inviare al difensore della controparte, un noto professore e avvocato genovese, Gerolamo Boccardo,il quale , per gli stringenti argomenti, si era mostrato un pericoloso avversario e Manzoni, pur assistito da valenti avvocati e professori, non si sentiva tranquillo. La lettera (riportata alle pp. 226 ss) ha un tono molto garbato ed è vergata con eleganza: Manzoni fa valere la sua competenza nella materia , oltre che il taglio professionale, perché tratta del diritto d’autore nel pensiero filosofico e nel diritto comparato, illustrando sia le leggi vigenti nei diversi Stati europei, sia le pronunce dei tribunali su casi analoghi, dimostrando come la ristampa di opere senza l’autorizzazione si risolve in una loro contraffazione.
Dagli atti che Laura Moscati ha curato di trascrivere emerge che , proprio ad evitare la stampa alla macchia lo stesso Manzoni, aveva avuto l’avvertenza di depositare una copia dell’opera nel 1827 alla Biblioteca di Brera, anche se il Regolamento del Lombardo-Veneto non lo prescriveva.
Delle tre sentenze che hanno scandito l’iter processuale, la più interessante è quella della Cassazione (di Firenze). Moscati mette in luce come i giudici abbiano a cuore di sottolineare che le norme sul diritto d’autore hanno lo scopo di . E che il Popolo si avvantaggia di questa tutela offerta all’ Autore perché ne incoraggia la produttività. Considerare le opere liberamente acquisibili a vantaggio di chi le stampa e le mette in commercio potrebbe costituire un ostacolo allo sviluppo delle arti e delle scienze.
Sì che, prendendo spunto dalla controversia, si può capire come si sia consolidato il diritto d’autore in Europa, e come si ragionasse nell’ Ottocento, con fini argomenti, negli atti processuali da parte degli avvocati e nelle sentenze da parte dei giudici. Nonostante l’impegno e la profusione di sapere, Manzoni non trasse grande vantaggio dalla vittoria: Le Monnier, pervicacemente avverso ancorché perdente, cercò di trar comunque il massimo profitto dalla contraffazione, offrendo soluzioni transattive, e Manzoni, forse stancatosi della vicenda, finì per accettare la somma negoziata dagli intermediari.
Ma la storia del diritto d’autore non finisce qui. Dopo l’unità d’Italia, dovendosi assicurare all’intero Regno una disciplina uniforme della materia , si torna a regolare il diritto d’autore, e Manzoni, ancorché anziano e di salute malferma, accetta di presiedere la Commissione legislativa a cui è assegnato il compito di redigere il testo normativo.
Nel prosieguo, il diritto d’autore acquista una dimensione internazionale, l’aspetto proprietario si trasforma in un diritto soggettivo della personalità che ha sia contenuto patrimoniale sia contenuto morale. D’altra parte, lo stesso Manzoni, da buon giurista, sottolinea che è meglio non parlare di “proprietà” ma di diritto d’autore semplicemente, perché la proprietà , secondo la concezione discendente dal diritto romano, esprime un diritto che si applica alle cose tangibili , mentre il diritto d’autore è un diritto dell’ingegno.
La Convenzione di Berna sarà modificata a varie riprese (Berlino (1908), Roma (1928), Bruxelles (1948), Stoccolma (1967) e Parigi (1971)). Ed oggi si discute sulla sua applicazione alle nuove tecnologie, ma anche , e da un punto di vista più ampio , filosofico e sociale, sulla libera appropriazione da parte del pubblico delle opere dell’ingegno. Di questa interessante e complessa problematica dà atto con limpida prosa Laura Moscati e noi possiamo rallegrarci che ben prima di Victor Hugo, dunque, Alessandro Manzoni , accidentalmente vittima di un sopruso, trasformatosi in avvocato (di se stesso) e poi in legislatore mette a fuoco l’intera problematica con gli argomenti più persuasivi.

Nessun commento:

Posta un commento