domenica 4 marzo 2012

STORIA DELLA SOCIOLOGIA: PIERRE BOURDIEU. PICCOLO DIZIONARIO DELLE SUE PAROLE-CHIAVE

Esattamente dieci anni dopo la sua inopinata scomparsa, Pierre Bourdieu sembra avere oggi una vitalità senza pari. Il suo pensiero e i suoi concetti, depositati durante tutto il corso della sua vita nella docenza universitaria, nella militanza politica e nelle sue innumerevoli opere - dagli Eredi, alla Distinzione fino alla Miseria del mondo e Sulla televisione – sembrano infatti avere ancora oggi una circolazione più che mai ampia.

Per farsene una prima idea basta consultare la classifica dell’Institute of Scientific Information che si occupa di computare il numero di citazioni nelle pubblicazioni scientifiche: ebbene, il nome di Bourdieu occupa oggi il secondo posto tra gli autori più citati al mondo dietro Michel Foucault e prima di Jacques Derrida. Come si vede tutti francesi e tutti, come dire, dei classici del pensiero contemporaneo.

Una dimensione, quella del classico, che travalica i ristretti recinti accademici per offrire a tutti vie d’orientamento nel mondo che ci circonda. E infatti, cosa c’è di più attuale, in una società come quella di oggi in cui l’eredità e la rendita contano più del merito e i valori, se non tornare a rileggersi l’autore de Gli eredi e La Distinzione? Cosa c’è di più attuale nella società dell’informazione e della mistificazione, se non tornare alle sue analisi dei meccanismi che presiedono al funzionamento del campo giornalistico o televisivo?

Oppure, nei tempi della grande austerità imposta da un’Europa a guida tedesca, cosa c’è di meglio che ripensare alle posizioni del sociologo francese contro «i guardiani dell’euro» e del rigore? In fondo bisognerebbe mandare a mente il suo adagio secondo cui «ciò che il mondo sociale ha fatto, il mondo sociale può disfare».

Anche grazie, aggiungiamo, agli strumenti d’analisi che lui ci ha fornito. Di seguito una ristretta silloge di attrezzi della sociologia di Bourdieu.

CAMPO: Bourdieu fa sua questa nozione proveniente dalla fisica per descrivere il “milieu” e le sue leggi di funzionamento. Un campo non è nient’altro che uno spazio delimitato all’interno del quale ogni elemento si definisce in relazione agli altri secondo leggi proprie al campo stesso. Il campo universitario, letterario o artistico, politico o religioso, formano «piccoli mondi» a sé stanti, microcosmi di dominazione e conflitto. Campi di forza in cui gli individui e gli attori che ne fanno parte interagiscono per conquistare posizioni, che non valgono in sé, ma si definiscono in funzione delle posizioni rispettive degli uni e degli altri.

CAPITALE: non esiste solo il capitale nel senso di somma di danaro di cui una persona dispone. Per Bourdieu sono fondamentali anche il capitale culturale (diplomi e conoscenze acquisite, codici culturali e sociali, perizia linguistica e comportamenti adeguati) e il capitale sociale (le reti di relazioni e conoscenze) oltre a quello economico (finanziario e patrimoniale) nella determinazione e la riproduzione delle posizioni che si occupano nel campo sociale.

COSTRUTTIVISMO: Pierre Bourdieu può essere inserito a pieno titolo in quest’approccio della sociologia che considera le realtà sociali come oggetti in costruzione permanente. I modi, apparentemente naturali, di parlare, vestirsi o mangiare, sono cioè il prodotto di un apprendistato interiorizzato e di norme sociali che il sociologo indaga. Bourdieu le definirà habitus.

DISTINZIONE: distinguersi vuol dire coltivare la propria differenza. Per Bourdieu la distinzione è al centro dell’interazione sociale, è uno degli elementi che costituisce la condotta attraverso l’opposizione più o meno consapevole ad altre condotte sociali. L’arte della distinzione borghese, ad esempio, consiste nel volersi differenziare dall’ostentazione e dalla volgarità dei nuovi ricchi.


HABITUS: è la nostra seconda natura, la maniera d’essere di ognuno, talmente acquisita e interiorizzata che se ne dimentica l’esistenza. Gli habitus sono i gesti, i pensieri, la lingua, tutte quelle routine mentali inconsce che ci permettono di agire «senza pensarci». Bourdieu usa questo termine al posto di abitudine, per sottolineare che non si tratta solo di condizionamenti esterni, ma anche d’impulsi dell’azione sociale.
L’habitus permette di muoverci liberamente in un contesto dato senza dover necessariamente controllare razionalmente gesti e parole. Si prende coscienza della sua esistenza quando si passa dal proprio ambiente ad un altro di cui non si conoscono le regole, il modo di parlare o quello di comportarsi. Gli habitus sono quindi un forte marchio dell’origine sociale, etnica o nazionale di un individuo. Il termine ha una lunga tradizione filosofica e sociologica, precedente all’impiego che ne ha fatto Bourdieu. Emile Durkheim lo utilizzava per designare il modo d’essere omogeneo e stabile che si trova in società chiuse come quelle tradizionali. Bourdieu ne sfuma il senso, mettendo in rilievo che la maggior parte degli individui non vive più, oggi, in universi sociali chiusi e che quindi ognuno è portatore di diversi habitus acquisiti in un ambiente diversificato (famiglia, scuola, televisione, stampa etc.).

POTERE SIMBOLICO: Bourdieu chiama così quel «potere quasi magico che permette d’ottenere l’equivalente di quello che si può ottenere con la forza (fisica o economica), grazie all’effetto specifico di mobilitazione». Questo potere può ad esempio emanare da un’auto con autista, un’uniforme, un ufficio prestigioso, ma anche da piccoli indici più discreti che servono a segnalare lo statuto elevato di una persona: un titolo su un biglietto da visita, il modo di far attendere gli ospiti o quello di esprimersi con autorità. La definizione di potere simbolico resta però ambigua. Bourdieu, infatti, non ha mai chiarito se sia solo un effetto di potere, un suo segno esteriore, o una fonte diretta di potere, con una sua efficacia propria.
                                      

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