mercoledì 11 gennaio 2017

SOCIOLOGIA. LA MORTE DI Z. BAUMAN. 1925-2017. A. BOTTA, Addio Bauman, una mente irripetibile, L'ESPRESSO, 9 GENNAIO 2017

Già compiuti i novant'anni, Zygmunt Bauman non aveva smesso di pensare, di scrivere, di provare a capire la complessità del mondo. E non aveva smesso di girarlo, il mondo: per convegni, incontri, presentazioni, interviste.




Facevano impressione l'intelligenza e la lucidità di quest'uomo minuto, che su ogni argomento richiamava sempre alla complessità: alle concause, agli effetti multipli, alle sfumature, all'altro lato della medaglia. Aveva in orrore gli slogan, Bauman, aveva in uggia le semplificazioni. Di ogni idea - anche delle sue - parlava indicandone i limiti, evitando la sistematicità, rifuggendo la pretesa che ci fosse una chiave onnicomprensiva del reale.

Eppure (o forse proprio per questo ) lo si ascoltava affascinati: e le sue lecture pubbliche richiamavano sempre di più – proprio in questi anni di semplificazione imperante – persone che volevano avere dalle sue parole qualche strumento in più di comprensione.

Anche perché non temeva, Bauman, di confrontarsi sui temi più caldi del presente. Come il populismo, sul quale aveva – come spesso gli capitava, un parere controcorrente: «“Populisti” in politica sono sempre gli altri, gli avversari», disse meno di un anno fa all'Espresso. «In realtà ogni buon partito dovrebbe essere “populista”, cioè ascoltare cosa pensano e cosa chiedono le persone ordinarie, i semplici cittadini. Invece nel dibattito pubblico la parola viene usata in senso dispregiativo. No, non sono preoccupato per la presunta minaccia del “populismo”, ma per la possibile risposta autoritaria alla crisi della democrazia».

VEDI ANCHE:


Allo stesso modo, si è interessato negli ultimi anni agli effetti sociali della rete: «Internet rende possibili cose che prima erano impossibili, potenzialmente, dà a tutti un comodo accesso a una sterminata quantità di informazioni: oggi abbiamo il mondo a portata di un dito. In più la Rete permette a chiunque di pubblicare un suo pensiero senza chiedere il permesso a nessuno: ciascuno è editore di se stesso, una cosa impensabile fino a pochi anni fa. Ma tutto questo - la facilità, la rapidità, la disintermediazione - porta con sé anche dei problemi. Ad esempio, quando lei esce di casa e si trova per strada, in un bar o su un autobus, interagisce volente o nolente con le persone più diverse, quelle che le piacciono e quelle che non le piacciono, quelle che la pensano come lei e quelle che la pensano in modo diverso: non può evitare il contatto e la contaminazione, è esposto alla necessità di affrontare la complessità del mondo. La complessità spesso non e un’esperienza piacevole e costringe a uno sforzo. Internet è il contrario: ti permette di non vedere e non incontrare chiunque sia diverso da te. Ecco perché la Rete è allo stesso tempo una medicina contro la solitudine - ci si sente connessi con il mondo - e un luogo di “confortevole solitudine”, dove ciascuno è chiuso nel suo network da cui può escludere chi è diverso ed eliminare tutto ciò che è meno piacevole».

Ma al fondo il successo di Bauman resta legato per i più alla riflessione sulla società liquida , alla quale ha dedicato diversi libri e infinite interviste. Spesso frainteso o “semplificato” – come se fosse uno slogan, un brand – il concetto rappresentava invece, sostanzialmente, una sintesi efficace della condizione in cui si trova l'uomo contemporaneo nell'era della globalizzazione, dei mercati mondiali, delle grandi migrazioni, della comunicazione digitale e del lavoro precario: privato delle sue secolari certezze, quindi spaesato, impaurito, sostanzialmente solo. Senza ideologie, senza blocchi sociali, senza la possibilità di programmare il futuro e di basare la sua esistenza su solide radici. Transgenerato in consumatore, non solo di beni ma anche di idee, di morale, di prospettive ideali. Tutti temi di cui Bauman aveva intuito la portata sociale molto prima che esplodessero nel mainstream (e nelle urne), così come pionieristica era stata la sua intuizione sulla “voglia di comunità” come reazione alla solitudine individualista.

Dell'Espresso, Zygmunt Bauman è stato per molti anni collaboratore e amico, capace di appassionarsi a ogni proposta di articolo e di riflessione. Ultima, due mesi fa, quella sull'uomo di fronte ai suoi limiti , poco dopo il terremoto che aveva appena colpito il centro Italia.


VEDI ANCHE:

Quando non aveva abbastanza tempo per scrivere, Bauman ci concedeva volentieri interviste, anche sulla politica, su Trump, su Putin, sulla rivolta del 2016 contro l'establishment. Rispondeva a tutto, tranne quando la domanda gli sembrava troppo banale, troppo semplicista, troppo priva di stimolo alla riflessione. Allora si aggiustava con una mano il piccolo impianto all'orecchio, faceva finta di non aver capito, e con un sorriso diveva: «Next question, please».

Alla famiglia di Zygmunt Bauman, irripetibile intellettuale che ci aiutava a capire il mondo, le condoglianze e l'abbraccio di tutta la redazione dell'Espresso.

Nessun commento:

Posta un commento