Sul Grande Dizionario della Lingua Italiana di Salvatore Battaglia, la voce è a cavallo fra due pagine: quella con i lemmi da "Territorialismo" a "Terrone" e quella da "Terrone" a "Terrorismo". Pare una collocazione suggestiva.
A quella che potremmo chiamare "parola-con-la-T" (per analogia con la parola-con-la-N di cui abbiamo parlato) il Battaglia assicura una nota etimologica molto articolata: "Voce nata e diffusa dai grandi centri urbani dell’Italia settentrionale, con connotazione fortemente spregiativa e ingiuriosa, che al pari di altri termini italiani e dialettali (come villano, contadino, burino e cafone) vale "servo della gleba" e "bracciante agricolo" ed era riferita agli immigrati del Meridione, regione notoriamente caratterizzata da un’agricoltura particolarmente arretrata (latifondo, bracciantato, ecc.), considerati (sia pure a livello di folklore) quasi dei contadini sottosviluppati. Il termine, chiaramente derivato da "terra" [...] è stato variamente interpretato: come frutto di incrocio fra "terre[moto]" e "[meridi]one, come "mangiatore di terra" parallelamente a "polentone", "mangiapolenta" (italiano del Nord); come "persona dal colore scuro della pelle, simile alla terra"; o, ancora, come "originario di terre soggette a terremoti" (terre matte,terre ballerine)".
L'origine è quindi spregiativa. Nella definizione del medesimo dizionario si sottolinea però che oltre che spregiativo l'uso può essere scherzoso. Nelle citazioni letterarie che seguono sono infatti presenti usi ingiuriosi, usi scherzosi e anche usi riferiti a sé stessi: "Noi terroni tentiamo di abituarci alle strade di Milano" (Giuseppe Marotta). Mi sto occupando della "parola-con-la-T" perché un gentile lettore di Lapsus, il professor Francesco Finocchiaro mi ha esposto sue riflessioni al proposito di essa e in particolare mi ha detto di ritenerla oggetto di un'"immotivata tolleranza". "Sul suo valore profondamente spregiativo" mi scrive il lettore "non ci può essere dubbio (la ricordiamo rivolta da Umberto Bossi, che oggi pare uno statista, all’indirizzo dell’allora Presidente della Repubblica, con conseguente condanna per vilipendio del Capo dello Stato), né sulla matrice razzista che affonda le radici nelle teorie antropologiche di fine Ottocento di Giuseppe Sergi, Cesare Lombroso e soprattutto di Alfredo Niceforo, colui che elaborò la teoria della razza maledetta, secondo cui i siciliani sarebbero condannati per sempre dalla mescolanza con sangue 'n.'
Cosa impedisce ancora la creazione di un cordone sanitario attorno a questa odiosa parola, che viene invece evocata scherzosamente e persino autocelebrata (si veda l’orgoglio “terrone”, o il suo uso provocatorio nel titolo di un famoso libro di Pino Aprile)?". Un altro esempio avanzato dal lettore è quello di un articolo in cui il giornalista Antonio D'Orrico aveva descritto "Via col vento" come un film sull'"America terrona". Fra la-parola-con-la-N e la-parola-con-la-T corre una differenza rilevante. A differenza della prima, la seconda non è mai stata usata come termine neutro: non è cioè mai stato lo standard, non connotato, per riferirsi a chi è meridionale. Abbiamo visto che se la sua origine è spregiativa il Battaglia attesta anche usi certamente scherzosi. Ce ne sono anche di ambigui.
La usava con una certa disinvoltura Gianni Brera, in modo sia scherzoso sia spregiativo, e soprattutto nella forma dialettale lombarda "teròn" (o, secondo trascrizione meno corretta ma più diffusa: "terùn"). Lo stesso Brera si descriveva però come "Principe della Zolla", esprimendo un evidente orgoglio delle proprie origini legate alla terra (Bassa padana). E quindi? Si contraddiceva? Usava pesi e misure diverse per contadini meridionali e settentrionali (pur scrivendo anche per testate romane) ? Non è importante deciderlo qui: qui si registra come e quanto etimi, denotazioni, connotazioni, modi d'uso possano annodarsi.
A un altro e diverso caso ha accennato il lettore: il caso di Pino Aprile, giornalista, polemista e scrittore, che ha intitolato Terroni un suo saggio sulla questione meridionale, uscito nel 2010 per Piemme. L'uso è provocatorio e corrisponde alla categoria del "disfemismo". L'eufemismo attenua le verità sgradevoli: "aumentato tempo di percorrenza" per "ritardo", in ferrovia. Il disfemismo usa intenzionalmente termini pesanti: "come stai, brutto bastardo?" incontrando un amico. Il disfemismo applicato a sé stessi si osserva tra i membri delle comunità gay e quelli delle comunità afroamericane, che si scambiano gli appellativi che ritengono ingiuriosi quando invece sono loro rivolti da persone esterne. Analogamente ci sono poliziotti che tra di loro usano l'appellativo con cui i malavitosi li ingiuriano, e si chiamano l'un l'altro "sbirro". Ma poi, ho obiettato al lettore, esistono davvero i cordoni sanitari? Forse sì.
Umberto Bossi, per aver dato del terrone al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano fu condannato per vilipendio a un anno e quindici giorni di reclusione, in seguito graziato dal presidente Mattarella. Difficile però che accasa lo stesso accada tra cittadini. Però chi usa la-parola-con-la-T come termine spregiativo o ingiurioso va incontro a riprovazione. L'uso protoleghista della parola serviva a demarcare: noi e voi o noi e loro, dove il "noi" comprendeva gli elettori (a volte di origine meridionale ma integrati da molti anni) e il leader politico, con il leader politico che esibiva il disfemismo riprovato socialmente come dimostrazione di avere il coraggio di "parlare chiaro". Pane al pane e terrone al terrone. Ma oltre a ciò la-parola-con-la-T si può usare in altri modi. Per esempio per mettere in parodia gli antimeridionali fobici (cfr. "Dagalterun Fandango", cioè "Fandango del Dagli al terrone", brano composto da Enzo Jannacci, se non ricordo male per la colonna sonora di un film della lucana Lina Wertmüller, Pasqualino Settebellezze).
La si può usare per estensione espressionistica, come ha fatto D'Orrico (che se non sbaglio ha origini fiorentino-calabresi), dicendo con un solo aggettivo che l'America di Via col vento è quella agricola, poco sviluppata, tradizionale e spesso mal considerata che per questi versi si può paragonare al Sud d'Italia. La si può usare per disfemismo amicale, perché fra amici ce ne si dicono di tutti i colori e proprio per sdrammatizzare le differenze e non solo non farne ostacoli ma farne oggetto d'amicizia. Un eventuale "cordone sanitario" funzionerebbe come la funzione "cerca e sostituisci" dei programmi di scrittura: ci imporrebbe di usare per esempio "meridionali". Parola che, pur non essendo nata come insulto, ha avuto usi spregiativi quanto la-parola-con-la-T.
Se ci fermiamo ai significanti, se non consideriamo i diversi modi in cui si può usare la stessa parola, se pensiamo che abolire una parola sia possibile e desiderabile (perché si toglie un'arma verbale ai violenti) trascuriamo infine due dati di fatto assai importanti. Ingiuriosa o oscena una parola può diventarlo ("casino" era una parola innocentissima, poi considerata oscena) o può cessare di esserlo (oggi "casino" è una parola poco più espressiva di "disordine"; per un altro esempio si può consultare un buon dizionario etimologico alla voce "buggerare"). Il secondo dato di fatto, che deriva dal primo, è che, fatto tabù dell'insulto chi usa violenza verbale non troverà difficoltà a crearne un altro. Forse ci si ricorderà di come il Salvini ministro usava contro i migranti africani il termine "risorse".
La violenza ingiuriosa non è insita nell'espressione in sé, ma nell'uso che in date circostanze e periodi storici è possibile farne. Un ricordo personale, infine. Alla periferia di Milano, negli anni Sessanta del Novecento, in un quartiere a robusta introduzione di immigrati meridionali, io ho imparato la parola "terrone" perché genitori, maestri, catechisti non facevano altro che dirmi di non usarla per riferirmi ai miei compagni di classe provenienti da famiglie immigrate. Non l'avevo mai sentita prima, me l'hanno insegnata per inibirmela e nell'atto stesso di inibirmela. Hanno fatto bene. Con i tabù linguistici va sempre così.
Questa è Lapsus del 4 agosto 2024, la rubrica di Stefano Bartezzaghi sulle parole del momento
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