venerdì 17 maggio 2013

MASS MEDIA E RAPPRESENTAZIONE DI MINORANZE. FRANCESCA SIRONI, Rom, se la stampa è cattiva maestra, L'ESPRESSO, 16 maggio 2013

«Se le dico Rom, lei cosa pensa?». «A casa loro», «ladruncoli, sporchi, senza terra», «eh, una palla al piede». Sono persone qualunque a parlare, intervistate nel mezzo di un mercato a Milano. Le loro risposte sono contenute in un video girato dall'associazione milanese Naga per lanciare un rapporto dedicato alla rappresentazione di rom e sinti nella stampa. Dopo dieci mesi di analisi le conclusioni dei volontari del Naga sono sconfortanti: almeno il 30 per cento degli articoli pubblicati dai principali quotidiani italiani contiene dichiarazioni discriminatorie, stereotipi, accostamenti ingiustificati fra essere rom e degrado, furti, problemi d'ordine pubblico. Anche quando non c'entrano niente.



Basta poco d'altronde perché i pregiudizi entrino in un pezzo e ne escano rafforzati per l'opinione pubblica. Ne è un esempio un articolo di cronaca dell'ottobre scorso, che recita: "Per i condomini erano entrati due zingari, riuscendo a farsi aprire il portone. L'ipotesi dei residenti è che i due zingari fossero entrati con l'intenzione di truffare ed entrare in casa per rubare. C'è nelle vicinanze un insediamento rom abusivo e il primo sospetto per forza di cose porta lì".

Per forza di cose, ovvero la presenza del campo dà per scontata la propensione alla delinquenza dei suoi abitanti: «Lo stereotipo che i rom siano per natura criminali è dentro la cultura in cui viviamo», commentano le quattro autrici del rapporto: «Quando si scrive si fa fatica ad avvertire l'indignazione».

Basta cambiare una parola però, suggeriscono, per avvertirla eccome: "Per i condomini erano entrati due ebrei, riuscendo a farsi aprire il portone, l'ipotesi dei residenti è che i due ebrei fossero entrati con l'intenzione di truffare e entrare in casa per rubare. C'è nelle vicinanze una sinagoga e il primo sospetto per forza di cose porta lì".

Esempi di questo tenore ne sono riportati a decine nella relazione (leggi). Articoli, editoriali e reportages che risentono di un «clima generale di ignoranza e sospetto (quando non di esplicita condanna o di ripulsa) nei confronti dei rom», come sostiene nell'introduzione Federico Faloppa, Lecturer all'Università di Reading e autore di "Parole contro", un libro sulla rappresentazione del «diverso» nella lingua italiana.

E se questa è la voce, mediata, dei giornali, non c'è da stupirsi che sia anche quella condivisa dai passanti di una grande città, per i quali i rom sono «parassiti, persone che non sanno integrarsi», «ladri e delinquenti», come dicono alcune donne intervistate dal Naga. Voci fuori dal coro ce ne sono, qualcuno che prova a dire che «anche lì c'è di tutto, non è che si può essere razzisti», ma sono poche. La diffidenza nei confronti di rom e sinti d'altronde «ha radici antiche», come spiega Maurizio Ambrosini, docente di sociologia alla Statale di Milano: «In qualche modo arrivano ancora dal sospetto reciproco fra popolazioni sedentarie e nomadi», anche se ormai fra i rom di nomadi ne son rimasti pochi, nonostante preferiscano spesso i campi a degli appartamenti popolari.

I pregiudizi sono così radicati, racconta Ambrosini: «che i molti rom che lavorano, nei cantieri, come muratori, o in ufficio, devono nascondere la loro provenienza», dissimulare le loro radici, per non farsi licenziare. Il Comune di Milano, attraverso un programma che porta dei giovani musicisti sinti e rom al Conservatorio, sta cercando di fare il contrario: aiutarli a valorizzare la loro identità. Ma nonostante idee come questa o il programma "EUroma" della Ue che dal 2007 lavora per l'inclusione sociale dei rom nei Paesi Europei, i progetti sono ancora pochi e fragili. «E non perché mancano le risorse», conclude Ambrosini: «Ma perché i pregiudizi sono così forti, fra politici e cittadini, che le amministrazioni hanno paura a trattare l'argomento».

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