giovedì 8 agosto 2013

ANTROPOLOGIA CULTURALE. POPOLI INDIGENI PATRIMONIO DELL'UMANITA', di FRANCESCA CASELLA, IL CORRIERE DELLA SERA, 8 agosto 2013

Assommano a 370 milioni di persone in 70 nazioni, pari al 6% della popolazione del nostro pianeta


Contano almeno 370 milioni di persone. Rappresentano il 6% della popolazione del nostro pianeta e sono distribuiti in più di 70 nazioni diverse. Sono i popoli indigeni della Terra, di cui il 9 agosto si celebra la Giornata internazionale Onu. La loro esistenza costituisce un caleidoscopio di umanità e culture sorprendenti, che testimonia il potenziale creativo degli esseri umani e la loro straordinaria capacità di adattamento. «Alle sfide imposte da habitat diversi e spesso ostili, hanno risposto con sofisticate tecniche di caccia, allevamento e navigazione», spiega Joanna Eede nel libro , a loro dedicato.

NELLA NATURA - Millenni di immersione nella natura hanno permesso loro di cogliere anche i suoi segnali più impercettibili, insegnandogli a distinguere radici e bacche commestibili, a percepire i cambiamenti climatici, a prevedere i movimenti delle lastre di ghiaccio, il ritorno delle oche migratrici e i cicli di fioritura degli alberi da frutto. Come dice Roy Sesana, boscimane Gana del Kalahari, «Impari quello che la terra ti suggerisce». Sanno probabilmente meglio di chiunque altro che il delicato equilibrio tra uomo e natura è stato mantenuto per millenni solo grazie al rispetto dei suoi limiti. Per loro, responsabilità e reciprocità sono requisiti essenziali per la sopravvivenza. Prendere più del necessario o deturpare la terra non è solo controproducente, ma anche irresponsabile verso le future generazioni. Non vanno idealizzati: gli stereotipi, siano essi positivi o negativi, violentano, e talvolta uccidono. Tuttavia, il resto dell’umanità stenta certamente a tributare loro il valore che meritano, e a garantirgli il dovuto rispetto dei diritti fondamentali.
CONOSCENZA - La manioca, conosciuta anche come cassava, è un arbusto originario del Sudamerica. Coltivata dagli indiani locali, oggi è divenuta un alimento d’importanza mondiale. È l’alimento principale della dieta di circa un miliardo di persone in oltre cento Paesi diversi, cui fornisce un terzo del fabbisogno calorico giornaliero. Nella sola Africa, lo utilizza quasi l’80% della popolazione. Gli scienziati stimano che le raffinatissime conoscenze botaniche dei popoli tribali siano state essenziali nello sviluppo del 50% delle medicine esistenti oggi. Alcuni preparati vegetali usati dagli indiani amazzonici come veleni sulle punte delle frecce per immobilizzare la preda o per pescare, per esempio, sono stati trasformati in rilassanti muscolari che hanno reso possibile la chirurgia a cuore aperto. L’aspirina è stata sintetizzata dalla corteccia del salice bianco che gli indiani nordamericani bollivano per curare il mal di testa. Mentre il taxolo, un estratto della corteccia del tasso del Pacifico conosciuto dagli indigeni per i suoi poteri di rinforzo delle difese immunitarie, è usato oggi nella cura dei tumori alle ovaie e al seno... Le conoscenze botaniche e naturali degli indigeni sono enciclopediche. William Milliken, etnobotanico presso i Giardini botanici reali di Kew, a Londra, ricorda che molte specie di piante usate dagli indigeni non sono ancora nemmeno state classificate dagli scienziati occidentali. Di fronte alla loro rapida scomparsa, si sente quindi «l’urgenza di attingere al loro sapere anche da una prospettiva meramente utilitaristica».
«ARRETRATEZZA» - Eppure, la presunta «arretratezza» delle culture e degli stili di vita dei popoli tribali continua a essere invocata da molti governi per legittimare lo sfratto forzato dalle terre ancestrali e l’assimilazione economica e culturale nella società dominante nel nome dello «sviluppo». I popoli indigeni hanno protetto la diversità delle specie che li circondano e da cui dipendono attraverso stili di vita sostenibili. L’80% dei luoghi più ricchi di biodiversità del mondo si trova all’interno delle loro terre, e non è un caso. Studi scientifici recenti, basati su dati forniti dal satellite, dimostrano che la presenza di aree indigene è un freno efficace e cruciale contro la deforestazione e gli incendi.
RIFUGIATI NELLE LORO TERRE - Eppure, la creazione dei circa 100 mila parchi esistenti oggi sul pianeta, pari al 12% della superficie terrestre, ha trasformato 130 milioni di indigeni in «rifugiati della conservazione»: popoli privati delle loro case e dei loro mezzi di sostentamento nel nome dell’ambiente. «Se qui hanno trovato una terra da trasformare in parco, è solo perché i Wanniyala-Aetto l’avevano protetta», lamenta un leader Wanniyala-Aetto estromesso insieme al suo popolo dal parco nazionale Maduru Oya dello Sri Lanka. Dal 1983 il governo ha anche reso illegale il loro tradizionale stile di vita, basato su caccia e raccolta, gettando le comunità nel baratro della povertà, con tutto ciò che essa comporta: cattiva salute, malnutrizione, profonda angoscia e malattie mentali.
DIRITTI - A differenza del passato, oggi la legge internazionale riconosce i diritti dei popoli indigeni sulle terre ancestrali e decenni di attivismo hanno indotto importanti cambiamenti di mentalità nell’opinione pubblica. Ma in molte parti del mondo sono ancora etichettati come «primitivi» e costretti a confrontarsi quotidianamente con la minaccia di estinzione fisica e culturale. ha definito gli Awá del Brasile come «la tribù più minacciata del mondo».Le loro terre sono invase illegalmente da coloni e taglialegna che quando li vedono, semplicemente, li uccidono.
ABUSI - Dietro le persecuzioni, oltre all’avidità e a grandi interessi economici e politici, c’è anche il razzismo. Gli abusi restano troppo spesso impuniti, e molti governi stentano a riconoscere ai popoli indigeni almeno il diritto di essere consultati quando vengono varati progetti di sviluppo che hanno un impatto sulle loro vite, così come raccomanda anche la Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni e tribali adottata dall’Onu nel 2007. In ogni continente, i popoli tribali chiedono solo terra a sufficienza per vivere, e la libertà di decidere autonomamente del loro futuro. «Diritti che Survival aiuta a difendere da 44 anni», sostiene Fiona Watson, direttrice del dipartimento campagne dell’associazione, «e che vanno garantiti incondizionatamente: diversamente, non potranno sopravvivere» Ma è doveroso anche impedire che il mondo perda le loro straordinarie conoscenze e abilità: per un’umanità alla deriva, minacciata dai cambiamenti climatici e chiamata a riformulare con urgenza le nozioni moderne di progresso e di sviluppo, i popoli indigeni sono oggi più importanti che mai.

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