martedì 15 ottobre 2013

PSICOLOGIA DELLA CREDENZA. E. TOGNOTTI, Perché siamo disposti a credere a tutto, LA STAMPA, 21 settembre 2013

Molte cose colpiscono negli allarmi dei teorici delle cospirazioni che evocano ogni sorta di trama scellerata, dalle scie chimiche all’uso dell’epidemia A/H1N1 come arma biologica, intenzionalmente utilizzata per una drastica riduzione della popolazione mondiale. La prima, la più banale, è la stupefacente facilità con cui tante persone - in un’èra segnata dal progresso della tecnologia e della scienza- sono disposte a prendere per oro colato le più sgangherate teorie del complotto come quella di una congiura internazionale microchip nel corpo umano (divulgata in Italia dal M5S); o del «complotto lunare» secondo il quale i capi della Nasa falsificarono completamente l’atterraggio dell’uomo sulla Luna, in una cospirazione condotta, manco a dirlo, con la collaborazione del Governo degli Stati Uniti. Ma ad imporsi - oltre al numero e alla lunga durata di alcune strampalate teorie - è la disinvoltura con cui i loro seguaci ignorano le più schiaccianti «prove» scientifiche; e, in generale, il sospetto con cui guardano alla scienza e ai suoi metodi: quando si trovano di fronte a fatti inoppugnabili, che demoliscono le loro folli teorie, le assumono semplicemente come un’ulteriore prova dell’ingegno messo in campo per dimostrare il falso.




Coloro che ne scrivono, con sprezzo del pericolo, sono considerati una pedina delle forze oscure e potenti che ordiscono le loro trame. Come quelle, per fare un solo esempio, che, secondo un’ipotesi complottista, hanno fatto scoppiare la prima epidemia di Hiv/Aids nel 1981: il mortale virus sarebbe stato creato dalla Cia nei laboratori militari per spazzare via gli omosessuali e gli afroamericani. Le prove scientifiche sull’origine del virus non hanno scosso i seguaci, tra cui eminenti personaggi come il presidente sudafricano Thabo Mbeki e l’ecologista keniana Wangari Maathai, che approfittò dei riflettori internazionali per sostenere quella teoria, che fa a meno dei fatti: la comunità scientifica è quasi unanime nel ritenere che il virus è passato dalle scimmie all’uomo alcuni decenni prima della sua comparsa sulla scena. Nel clima di negazione e rifiuto della scienza, non manca, in alcuni casi, il ricorso a prove pseudoscientifiche come avviene per il presunto collegamento vaccini-autismo , che prende di mira l’avidità di Big Pharma.

Al di là dell’interesse - che riguarda l’ambito della psicologia - per questa particolare forma di pensiero irrazionale e per il legame tra pensiero cospirativo e visioni del mondo anti-scienza, alcune di queste teorie complottiste non sono purtroppo innocue. Talora provocano danni alla società: basterà ricordare quanti genitori, allarmati dalla teoria - pur ampiamente smentita e dimostrata priva di fondamento - che i vaccini potessero avere un ruolo nell’autismo, hanno privato i loro bambini di un prezioso scudo protettivo contro gravi malattie. Ma perché tante persone sono così pericolosamente inclini ad accettare le teorie della cospirazione? Forse - sostiene qualcuno - soddisfano alcuni requisiti fondamentali dell’uomo. Stando alla «gerarchia di bisogni» tracciata dallo psicologo Abraham Maslow, le ricche società occidentali hanno soddisfatto i bisogni più elementari (fame, sete, sonno, ecc.), cosa che ha fatto emergere i bisogni di ordine superiore, come quello della sicurezza (protezione, soppressione di ansie, preoccupazioni e paura. Quella dell’ignoto, per cominciare). Conoscere le «trame» e le congiure di oscuri e potenti personaggi darebbe l’illusione di riuscire a sconfiggerla.

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