mercoledì 22 maggio 2024

SOCIETA'. INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE E SOLITUDINE. UN ARTICOLO DI A. OLIVERIO FERRARIS. M. FAGOTTO F., 22.05.2024

 La psicologa Oliverio Ferraris denuncia il fenomeno crescente e allarmante di persone anziane, in coppia o sole, in grande difficoltà nell'affrontare la propria condizione di vita quando è segnata da patologie e stati di necessità particolarmente gravosi (Il dramma della solitudine nel paese che invecchia, La stampa, 16.05.2024).








   Sono sempre più frequenti gli episodi tragici che la cronaca ci consegna, tutti emblematici di un'epoca caratterizzata dai sistemi sociali occidentali in cui la trasformazione descritta dai sociologi dei secoli scorsi, cioè la fine della comunità a favore dell'insediamento delle società individualistiche, ha inaugurato l'ideologia unilaterale dei diritti soppiantando quella dei doveri.

Naturalmente la storia della rivendicazione dei diritti è antica e sfaccettata. Qui ci soffermiamo sulle tappe più recenti di questa vicenda, sulla sua attuale versione e torsione economicistica subita in questi ultimi 50 anni.

   Inutile ricordare a quando risalga questa versione liberal-liberista, ne’ vale più la pena di rifare il presunto o non presunto nome di M. Thatcher a proposito dell'abusata affermazione secondo cui “non esiste la società,  esistono solo gli individui”.

   Fatto sta che ciò che la psicologa lamenta nell'articolo sono esattamente atteggiamenti e comportamenti indotti e diffusi da decenni da questo attuale paradigma dominante e di cui proprio il Regno unito paga le conseguenze peggiori visto che, da almeno 10 anni, in questo paese è stato istituito proprio un Ministero della Solitudine il cui nome suona sinistramente orwelliano.

Fatti salvi i casi di “coniugi o familiari che riescono ad entrare nel ruolo di caregiver e, volente o nolente, ad accettarlo e a continuare a svolgerlo nel corso degli anni, altri coniugi o familiari, invece, possono dedicarsi a questo ruolo per un certo periodo, ma poi non riuscire a reggerlo mese dopo mese, anno dopo anno, quando la situazione si aggrava e non si vedono miglioramenti”.

   A questo punto, ecco quella che, oggi, risuona come una drammatica prospettiva:”si resta confinati in casa. Si sacrificano i propri interessi. Ci si trova a svolgere incombenze a cui non si era preparati. La vita sociale si contrae inesorabilmente. L'isolamento, cui si è costretti, può generare ansia, depressione, a volte pensieri suicidi. Altre volte anche un misto di risentimento e pietà nei confronti di quel malato e di quella malattia che assorbe tutte le proprie giornate e tutte le proprie energie”.

   Come si vede, quella che qui viene descritta non è la condizione del malato o dell'anziano non piu’ autosufficiente, ma la condizione di perdita delle proprie libertà di chi l'anziano deve accudire e curare.

   Per questa persona la cura dell'anziano non è considerata altro che una sciagura individuale, qualcosa che lede inesorabilmente la sempre più ampia sfera dei diritti personali e privati (interessi propri sacrificati; confinamento domestico; morte della vita sociale; ansia, depressione, impulsi omicidi e suicidi…).

Tacere il fatto che la condizione di sofferenza che può portare anche a gesti estremi, di cui sono vittime sia l'anziano sia il familiare, sia determinata dal sistema culturale e socio-economico instaurato trionfalisticamente (curare i propri interessi, ricercare il successo, credersi eternamente giovani,  difendere lo spazio circoscritto, il tutto in competizione con gli analoghi intenti degli altri)  in questi decenni, non aiuta per niente nella ricerca né di spiegazioni né di soluzioni adeguate.

   Da una parte l'anziano, in una società “narcinistica” e utilitaristica (il NARCINISMO è un neologismo, attribuito -non so se a ragione- alla psicoanalista francese C. Soler) viene percepito come uno scarto, qualcosa che ingombra e rende infelice la vita degli altri; è solo un costo che pesa sulle pensioni, sulla sanità,  sull'economia che, comunque, riesce a sfruttarlo anche in quella condizione visto che è, comunque,  fonte di investimenti e di consumi adeguati a quell'età e a quello stato di cose a cui si è ridotto (farmaci, assistenze varie, badanti, ricoveri, funerale finale)

   Dall'altra la religione dei diritti a tutti i costi, cancellando la parola “ dovere” dal proprio lessico, sta progettando il modo con cui uscire da questa impasse attraverso l'unica strategia che conosce: l'invenzione di altri diritti, tipo il “diritto al fine vita”,  la redazione del “testamento biologico”, la legittimazione del “suicidio assistito” e dell’eutanasia. Altre varianti dell'unico imperativo categorico impostosi nel tempo nell’Occidente evoluto: “sii artefice del tuo destino fino alla fine dei tuoi giorni”


Per approfondire:


1.“L'isolamento del morente e la rimozione dell'idea della morte

sono espressioni di quel controllo delle emozioni che, secondo Norbert Elias,

caratterizza la nostra civiltà. Nelle società industriali avanzate si invecchia e si

muore sempre più spesso da soli, angosciati dall'evento innominabile che si

approssima. Nelle civiltà del passato, invece, in cui fortissimo era il senso di

appartenenza a una comunità che trascendeva l'individuo e che gli sarebbe

sopravvissuta, anche la morte poteva essere affrontata senza terrore.

Scritto a quasi novant'anni, "La solitudine del morente" è nel contempo

un lucido testamento spirituale e una coinvolgente riflessione sulla possibilità

della "buona morte" nella nostra epoca.” (N. Elias, La solitudine del morente, Bologna, 1985)


2.Fofi, Se la società dei diritti cozza con limiti e doveri, Avvenire, 28.10.2022


3.Il nostro tempo ha negato la tensione di ogni uomo verso qualcosa di più grande, e forse di irraggiungibile, sostituendola con una cultura degradata e ristretta dove i diritti universali sono privi di concretezza e la libertà è intesa come semplice cancellazione di qualsiasi dovere. Ancora più dei diritti, sono invece proprio i doveri, verso se stessi e verso gli altri, ad ancorare l’uomo alla realtà e alla società in cui vive, evitando il rischio di sentirsi sradicati e in balia degli eventi. Secondo Simone Weil, voce inascoltata e profetica del XX secolo, interessarsi davvero del destino dell’uomo significa, quindi, prima di tutto aggrapparsi saldamente e rimanere fedeli alle proprie radici. Potrebbe sembrare un banale richiamo alle tradizioni; invece non è così, perché le radici dell’uomo hanno origine oltre la sfera temporale, nell’eterno e umanissimo desiderio di verità e di bene.

(S. Weil, La prima radice, 1943)


4.BEATLES, ELEANOR RIGBY. VIDEO E PAROLE (1966)

5.G. Labate, UK. Nasce il primo ministero per “la solitudine” in Europa, QS, 2018

6. Indagine ISTAT: la solitudine in Italia, 2018

7.SOCIETA' CONTEMPORANEA E SOLITUDINE. P. MATTIOLI, Anche l’Italia dovrebbe avere un ministero della Solitudine, IL FATTO, 7 marzo 2021


8.IL MINISTERO DELLA SOLITUDINE ARRIVA A BOLOGNA E A RIMINI, 2023

9. N. Hertz, Il  secolo della solitudine, 2022

10. Turri M. G. Meglio tardi che mai. L'intollerabile ritardo dell'analisi del Censis, 2014

11. Lingiardi V., L'allarme dagli USA: di  solitudine si muore, La repubblica, 3.05.2023

12.SOLITUDINE OGGI. P. A. ROVATTI, Siamo diventati analfabeti della riflessione, ecco perché la solitudine ci spaventa, L'ESPRESSO, 9 marzo 2018



















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