lunedì 20 aprile 2015

SOCIETA' E RELIGIONI DEL FUTURO. M. VENTURA, Diventeremo un po' più monoteisti, LA LETTURA, 19 aprile 2015

Come sarà la mappa religiosa del mondo di domani? Come cambierà la fisionomia delle varie aree del pianeta? Quali religioni si espanderanno, quali si ritireranno? In virtù di quali fattori? Tenta di rispondere a queste domande lo studio sul Futuro delle religioni del mondo con il quale l’istituto americano Pew Research Center prevede la parabola delle maggiori fedi tra 2010 e 2050.


In tempi di ansia per la violenza islamica, il dato che colpisce è il maggior tasso di crescita dell’islam: secondo i ricercatori, nel 2050 il numero di musulmani si sarà avvicinato al numero dei cristiani, nel 2070 le due comunità avranno eguale consistenza ed entro il 2100 l’islam sarà divenuta la religione più diffusa del pianeta. Ciò avverrà non per un calo dei cristiani, che cresceranno più di ogni altra religione, islam escluso, ma per la maggior crescita numerica dei musulmani. Si delinea un mondo sempre più polarizzato intorno alle due maggiori religioni, che oggi rappresentano il 54% della popolazione mondiale e che saliranno al 61% nel 2050, al 65% nel 2070 e a quasi il 70% nel 2100: ci aspetta dunque un mondo meno diverso e più monoteista.
Incidono sul processo fattori quali l’età media e la composizione per fasce d’età dei vari gruppi, i tassi di fertilità e di mortalità, le migrazioni, le differenze regionali. Musulmani e cristiani cresceranno di più in virtù della loro presenza in aree ad alta crescita demografica, in particolare l’Africa subsahariana. Il tasso di fertilità dei musulmani sarà in genere più alto di quello dei cristiani, in Egitto e in India ad esempio, ma vi saranno eccezioni, come l’Indonesia, dove i cristiani saranno più fertili dei musulmani.
Il buddhismo calerà in percentuale perché concentrato in un’area, Asia-Pacifico, a minore sviluppo demografico. Al contrario, la crescita della popolazione indiana, quasi mezzo miliardo in più nel 2050, aumenterà la comunità indù e il peso relativo dell’islam indiano. I 19 milioni di migranti previsti nel periodo considerato, di cui 5 milioni di cristiani, avranno un peso considerevole. In Medio Oriente, le ostilità contro i cristiani comporteranno una perdita, spesso una fuga, di circa mezzo milione di fedeli, ma l’afflusso di lavoratori immigrati aumenterà di un milione e mezzo di unità la presenza cristiana nei Paesi del Golfo.
I numeri descrivono religioni e aree destinate a restare sostanzialmente immutate. È il caso della presenza islamica in Medio Oriente e nel Nord Africa, o della presenza cristiana in America Latina. Viceversa l’Europa attraverserà cambiamenti profondi. Il Vecchio Continente sarà l’unica regione per la quale si prevede un calo della popolazione complessiva.
I cristiani scenderanno di 10 punti percentuali e diventeranno il 65% della popolazione complessiva, con percentuali minori in Svezia (52%), Regno Unito (45%), Francia (43%), Paesi Bassi (40%) e Repubblica Ceca (19%). La quota persa dai cristiani verrà divisa tra non affiliati, musulmani e in piccola parte indù e buddhisti. Cresceranno di 5 punti percentuali i non affiliati, ovvero coloro che dichiarano di non appartenere ad alcuna Chiesa o religione. Costoro saliranno a quasi un quarto della popolazione europea, con picchi del 49% nei Paesi Bassi, del 44% in Francia, del 39% nel Regno Unito, del 30% in Germania e in Svizzera. I musulmani passeranno dal 6% odierno al 10% (un incremento del 63%), con picchi del 12% in Belgio e Svezia, il Paese con la massima crescita di popolazione musulmana nel periodo considerato, e dell’ 11% in Francia e Regno Unito.
L’Italia è tra i Paesi in cui la comunità musulmana crescerà di più, dal 3,7% della popolazione complessiva odierno al 9,5% nel 2050, quando peraltro gli italiani saranno 4 milioni di meno. L’islam italiano è oggi poco più della metà di quello olandese in proporzione alla popolazione dei due Paesi: nel 2050 l’islam italiano e l’islam olandese avranno lo stesso peso percentuale. L’islam elvetico, 5% della popolazione svizzera, è oggi di poco maggiore in percentuale di quello italiano, ma nel 2050 i musulmani italiani saranno del 2% più numerosi rispetto alla popolazione complessiva. Anche in Italia la popolazione cristiana diminuirà di 10 punti percentuali, scendendo così al 72,8%, e i non affiliati cresceranno di 4 punti percentuali salendo al 16,3%. La particolare dinamicità del paesaggio europeo dipenderà dalle migrazioni e dal diverso tasso di fertilità delle varie religioni, ma anche dal cambiamento di religione, soprattutto da quanti, tra i 22 milioni di nuovi non affiliati, saranno ex cristiani.
Il cambiamento di religione è il fattore più specifico e di difficile misurazione tra i vari presi in considerazione dal Pew Research Center. La mobilità religiosa, molto maggiore tra gli uomini che tra le donne, interessa particolarmente i cristiani, ovvero il gruppo che sembra destinato ad affrontare le maggiori trasformazioni quantitative e geopolitiche. Lo studio prevede che, entro il 2050, 106 milioni di persone lasceranno il cristianesimo, contro i soli 9,5 milioni di persone che usciranno dall’islam. Al contempo, tuttavia, in ben 40 milioni si convertiranno al cristianesimo, contro i soli 12,5 milioni di convertiti all’islam. Il saldo sarà negativo, ma il cristianesimo si dimostrerà più capace di muoversi e di rinnovarsi.
Peraltro, se la libera scelta di essere cristiani è particolarmente cara all’Occidente, è destinato a diminuire ulteriormente il peso sul cristianesimo globale dell’Europa e del Nord America, dove il calo dei cristiani e la crescita dei non affiliati saranno maggiori che nel Vecchio Continente. I cristiani europei e nordamericani erano il 38% di tutti i cristiani nel 2010: saranno ridotti a un quarto nel 2050. Cresceranno in compenso i cristiani dell’Africa subsahariana, regione in cui vivrà nel 2050 quasi il 40% dei cristiani del mondo. La Nigeria, dove pure l’islam supererà il cristianesimo, diventerà il terzo Paese al mondo per numero di cristiani dopo Stati Uniti e Brasile. Sarà ancora più decisivo il cristianesimo cinese, sul quale i ricercatori americani confessano di avere dati di scarsa affidabilità.
Lo studio del Pew Research Center soddisfa la curiosità di chi vuol sapere quali bandiere religiose saranno piantate sulla carta del mondo. Tuttavia, i dati sono anche un invito a relativizzare la lotta tra religioni e a osservare le trasformazioni profonde del credere e i mutamenti interni a ogni tradizione religiosa. Come cambieranno, dentro ogni gruppo, la fede, la pratica, l’identità e i precetti? Quale islam sarà quello dei musulmani europei, indiani e nigeriani? E come sarà il cristianesimo di domani, dove la Tanzania, il Congo e le Filippine peseranno molto più della Germania e della Francia? Forse, come sembra suggerire lo studio, la religione del futuro sarà sempre più una questione di fedeltà alla famiglia, alla cultura e alle tradizioni, dove la collettività conta più dell’individuo. Non va escluso però che si riveli più forte del previsto la religione della scelta, della libertà, in cui l’individuo conta più del gruppo. Più importante della differenza tra cristiani e musulmani sarà allora la distinzione tra chi crede nella libera scelta della fede e chi crede nella costrizione. Si contenderanno la terra il Dio che mostra la sua potenza nei numeri e il Dio che ha fatto tante stelle da non riuscire a contarle.

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