La nostra è la società dell'”evaporazione del padre”, come dicevaLacan: il padre è simbolo dell’unione di Legge e Desiderio, è colui che pone limiti al desiderare illimitato. In assenza del padre, si spezza l’equilibrio tra Legge e Desiderio e sopravvive unicamente il secondo, nella forma estrema e illimitata del godimento individualizzato e senza interdizioni.
Il capitalismo assoluto è, per sua essenza, edipico: è in lotta contro la figura del padre come simbolo etico della legge e della misura. Il capitalismo assoluto è desiderio illimitato, godimento autistico, privo di legge e di misura. La nostra, in effetti, è la società dell’illimitatezza scatenata, ove tutto è possibile purché si abbia l’equivalente monetario. Tutto è possibile, purché ve ne sia sempre di più: così recita il discorso iperedonistico del capitalista anarchico
Per questo, la nostra è la società del padre evaporato: niente padri, niente patrie, niente limiti per l’economicizzazione integrale della vita e della società, del reale e del simbolico, della mente e del cuore. Sradicamento dei popoli e degli individui, godimento illimitato per individui cinici e sradicati, senza coscienza e senza identità. Per questa via, si compie quell’“assenza di patria” (Heimatlosigkeit) dell’uomo moderno, diagnosticata con lungimiranza da Heidegger nella Lettera sull’umanismo in riferimento alla storia dell’essere come suo oblio e solo oggi divenuta realtà in senso pieno: “l’assenza di patria diventa un destino universale” (die Heimatlosigkeit wird ein Weltschicksal) in ragione del fatto che il ritmo stesso della mondializzazione impone lo sradicamento e la deterritorializzazione come condizioni fondamentali della precarizzazione e della flessibilizzazione coessenziali al nuovo assetto assoluto dell’economia.
L’epoca dell’evaporazione del padre come simbolo della Legge e della misura coincide, dunque, anche con il tempo dell’eclisse della patria gramscianamente intesa come luogo del radicamento nazionale-popolare, storico e culturale di un popolo, ossia come provenienza originaria della sua vicenda e come nesso vivente con la terra e con l’ethos.
Il movimento con cui l’integralismo economico dissolve il limite sul piano simbolico è lo stesso con cui annichilisce la dimensione storica, tradizionale e culturale dei popoli: li disgrega nella forma degli atomi nomadi e migranti, infinitamente mobili, perché privi di radici. La logica della mobilitazione e dello sradicamento fa sì che gli io senza radici non possano avere una casa e una famiglia, una patria e una comunità solidale. E, naturalmente, un padre.
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