ono passati cinquant’anni da quando Aldo Moro introdusse nei programmil’Educazione civica: a tutt’oggi, per indagini documentate, questa scelta è rimasta solo sulla carta. Anche perché, affidata indistintamente a tutti gli insegnanti, non è stata praticata da nessuno. Più in generale, vanno evidenziati profondi mutamenti di scenario. Il primo è il passaggio storico e impetuoso da una scuola per pochi a una scuola «per tutti»: le sue dimensioni si sono triplicate. Il secondo è conseguenza dell’entrata in campo di nuove e potenti agenzie formative (Tv, Internet, industria del tempo libero ecc.) che operano in concorrenza con la scuola e spesso in dissonanza visto che non hanno responsabilità educative. Il terzo è che il tessuto sociale del passato (famiglia, chiesa, partiti) si è molto indebolito.
Tutto ciò ha appena scalfito il funzionamento della scuola che tuttora adotta modelli pedagogici pensati al tempo di Gentile (1923) per una società e una utenza molto diverse. Addirittura, per reazione al Ventennio, gli insegnanti si sono trincerati a difesa della missione di «istruire» preferendo lasciare il ruolo educativo a famiglie, chiese, associazioni giovanili, che hanno difficoltà ad esercitarlo. Ma la neutralità della scuola è un valore? Per il filosofo Savater «una certa neutralità scolastica è auspicabile, ma non fino al punto di essere reticente rispetto ai valori costitutivi della nostra civiltà». Così lo spazio della formazione, che non sa restare vuoto, è riempito da agenzie esterne che qualcuno ha definito «pirata». E i giovani oggi si formano fuori dalla scuola e dagli spazi familiari, per cercare risposte alle loro inquietudini e domande di senso.
Per TreeLLLe è imperativa una svolta radicale affinché la scuola si faccia carico non solo di istruire ma anche di educare a vivere con gli altri, dando ragione, sempre in modo critico, dei valori e delle regole per una convivenza civile. La storia ci insegna che le conoscenze da sole non bastano, visto che possono essere usate indifferentemente sia per fini nobili che perversi. Gli antropologi ci insegnano che la razionalità, nell’evoluzione della specie, è solo un recente strato superficiale di pulsioni che vanno tenute sotto controllo: insicurezza, aggressività, intolleranza verso i diversi, istinto gregario e conformismo. E gli psicologi sociali ci insegnano che va educata anche l’«intelligenza emotiva» (autocontrollo, sapersi mettere al posto dell’altro ...), perché gioca un ruolo decisivo nelle relazioni fra gli uomini.
Ma viviamo in tempi in cui è arduo definire chiare gerarchie di valori. TreeLLLe ritiene che la scuola debba operare evitando gli opposti pericoli della neutralità e dell’indottrinamento. Per districarsi tra i tanti messaggi dissonanti cui i giovani sono esposti, sembra opportuna una terza via: l’adozione di una «pedagogia della controversia». Nella sua pubblicazione «Educare a vivere con gli altri nel XXI secolo: cosa può fare la scuola?», TreeLLLe formula proposte concrete, sostanzialmente ispirate da un memorabile testo del filosofo Calogero (1956): «... e come volete che i giovani imparino ad essere buoni cittadini se non imparano a discutere? ... quel che è importante è il nuovo modo di insegnare... discutendo in comune... e questo si può fare soltanto quando si abbia agio e tempo per la discussione... e non quando si sia ossessionati dall’ansia di finire il programma».
Di qui la proposta chiave di TreeLLLe: che tutti i curricoli scolastici prevedano un tempo specifico per l’educazione alla cittadinanza (60 ore obbligatorie all’anno), non di lezioni ma di «attività» interattive su temi di etica pubblica, per fare ricerche o prodotti di gruppo, per uscite sul territorio; che si affidino queste attività ad un insegnante che non insegni altro anche se in sinergia con i colleghi. Dove trovare il tempo? Nella scuola secondaria, ad esempio, attingendo in tutto o in parte alle 50/60 ore di assemblee per gli studenti, così da restituire a quel tempo il senso educativo che si è ormai quasi sempre perduto. Dare voti? Sì, affinché questa attività sia presa sul serio dagli studenti. Questa proposta non ha costi aggiuntivi, è già praticabile con le norme attuali e si potrebbe sperimentare subito su 100 scuole.
La seconda proposta di TreeLLLe è quella di una «scuola a tempo pieno» (6/7 ore al giorno), obbligatorie per i primi otto anni (poi facoltative), per avere il tempo di istruire e di educare anche attraverso una rosa di opzioni extrascolastiche. Si tratta di una proposta costosa, ma strategica se vogliamo una scuola davvero compensatrice di gravi ineguaglianze sociali (e i primi otto anni sono davvero decisivi).
* Presidente Associazione TreeLLLe
www.treellle.org
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